L'energia è indispensabile alla vita sulla terra e costituisce un elemento importante per lo
sviluppo sociale ed economico delle nazioni. Non c'è vita senza energia, e la qualità della vita viene
notevolmente migliorata quando si può disporre di energia in abbondanza e a buon mercato. Finora tutto ciò è stato garantito
soprattutto dagli idrocarburi. Essendo, però,
queste risorse finite, nei
prossimi decenni avremo un calo della
loro disponibilità con conseguenze inimmaginabili sul nostro sistema di vita
attuale. Per rallentare questa tendenza non bisogna tralasciare l’utilizzo di
nessuna fonte energetica compresa quella nucleare. Anzi
quest’ultima può dare, al momento, un grosso contributo con l’uso di impianti
nucleari di potenza di terza generazione. Il nucleare rappresenta
un'opzione energetica come le altre. Non si può far finta che non esista. Certo
c’è il problema della sistemazione dei prodotti di fissione radioattivi(dette
scorie), ma il suo utilizzo presenta indubbiamente anche
dei grossi vantaggi: gli impianti
nucleari di potenza, per esempio, non producono anidride carbonica ed
ossidi di azoto e di zolfo, principali cause del buco nell'ozono e dell'effetto
serra, in più la produzione di energia
elettrica dal nucleare riduce l'importazione di petrolio e la dipendenza della
economia, quindi, dagli idrocarburi. Il tutto si traduce in una maggiore
stabilità del sistema energetico ed economico nazionale. E’ pur vero che anche
l’uranio è una risorsa finita, ma l’uso futuro dei reattori autofertilizzanti
(ancora solo in prototipi) potrebbe estendere a millenni il suo utilizzo.
Comunque solo l’energia nucleare e la ricerca in quest’ambito possono dare
prospettive energetiche, di lungo termine, ad una umanità che entro pochi
decenni si troverà a gestire la fase calante della produzione degli idrocarburi
e quindi anche del petrolio che è
l’elemento su cui si regge la società industriale odierna. Forse il nucleare non riuscirà a compensare
la fine del petrolio ma, senz’altro, rallenterà le conseguenze nefaste di tale
evento. Di certo è una carta da giocare in tutti gli aspetti potenziando la
ricerca a 360 gradi. In questo articolo esamineremo le possibilità che
potrebbero scaturire dalle ricerche sulle reazioni piezonucleari. Di sicuro non
si darà niente per scontato accettando eventuali ipotesi fantasiose ma verranno solo citati
esperimenti effettuati nel nostro Paese e prospettive future possibili
realistiche. Dalla
rete riscontro:
“La parola piezonucleare indica una
teoria in base alla quale la pressione meccanica modifica la struttura dello spazio-tempo
alla scala subatomica, generando quindi, a detta dei ricercatori, reazioni
nucleari. In particolare, con reazioni piezonucleari si
indicano le presunte reazioni di fissione
nucleare di materiali non
radioattivi indotte da ultrasuoni”. Poi
leggo anche: “questa
teoria è ritenuta dalla comunità scientifica priva di riscontri e in
violazione delle attuali leggi della fisica”. Detto ciò mi dovrei fermare e chiudere il discorso sul
piezonucleare, cambiando argomento. Però, ecco c’è un però. Durante gli
esperimenti di Fermi in via Panisperna nel 1934, si bombardavano diversi
materiali con neutroni per osservarne gli effetti. Ebbene sull’uranio si
avevano effetti strani al punto che Ida Noddack(1896-1978), chimica e fisica
tedesca, avanzò l’ipotesi in un articolo del
settembre 1934 che si
potessero produrre elementi della parte centrale della tavola periodica(cioè
l’atomo si spaccava). Nessuno allora prese in considerazione la sua ipotesi in
quanto era contraria al pensiero
scientifico del momento; la
Noddack non tentò comunque di verificare la sua teoria(cioè
lasciò perdere per evitare, penso, di fare brutte figure). Infatti per i padri
della fisica del momento(tra i quali il Nobel inglese Lord Ernest
Rutherford autore del modello atomico ed il Nobel
danese Niels Henrik David Bohr che diede contributi essenziali nella comprensione della struttura atomica e nella meccanica quantistica) la frantumazione
dell’atomo era inconcepibile. Ebbene si sbagliavano. Ecco il motivo perché
ritengo che non bisogna dare nulla per scontato ma investigare e sperimentare
sempre. Ecco perché compatibilmente con le risorse da investire occorre
prestare attenzione anche a scoperte “strane”, non spiegabili fisicamente, al
momento. L’importante è che siano riproducibili in tutti i laboratori, cioè che
siano esperimenti galileiani. Questo
è il motivo che mi porta a parlare dei possibili effetti piezonucleari degli
elementi presenti in natura. Personalmente ne prendo atto, poi si vedrà. Perciò
diamo un occhiata a queste interessanti “presunte” scoperte. Le scoperte
sono avvenute intorno al 2004, nel periodo in cui a capo del CNR si trovava
Fabio Pistella. Le ricerche sono state
eseguite dal 2003 al 2007 presso laboratori sia civili sia militari, con il concorso dei ricercatori
civili G. Cherubini, A. Petrucci, F. Rosetto, G. Spera e dei tecnici militari
A. Aracu, A. Bellitto, F. Contalbo, P. Muraglia. I brevetti sono attualmente detenuti
dal CNR (Consiglio Nazionale Ricerche) e l’ Ansaldo Nucleare sarebbe,
al momento, molto interessata allo sfruttamento su scala industriale di quanto
scoperto. Il tutto è stato ufficializzato dalla rivista Physics Letter del 23 febbraio 2009, in quanto le
scoperte di questo nuovo tipo di
reazioni nucleari sono definite "Reazioni
Piezonucleari". Esistono, si ritiene, particolari condizioni "non
lineari" in cui i nuclei interagiscono tra loro secondo una modalità non
prevista dalla meccanica relativistica e dalla meccanica quantistica. Il modello fisico tradizionale non è in
grado di descrivere e prevedere tali reazioni. Attualmente affinché possano
avvenire reazioni nucleari in specie chimiche non radioattive, l'attuale
modello richiede la presenza di temperature elevatissime nell'ordine di milioni
di gradi. Nelle Reazioni Piezonucleari
non sono necessarie temperature estreme. Sono sufficienti particolari
pressioni veicolate da ultrasuoni nei liquidi e pressioni meccaniche nei
solidi. Vi sono, comunque, anche modelli teorici che prevedono le condizioni
necessarie per provocare una reazione nucleare senza la necessità di alte
temperature. Questo in sintesi il risultato delle ricerche, sia teoriche che
sperimentali, condotte nell’ ultimo decennio dai fisici Fabio Cardone del Consiglio Nazionale delle Ricerche e Roberto Mignani dell’ Università “Roma
Tre”. In particolare, gli esperimenti effettuati (in collaborazione con i
fisici Walter Perconti, Andrea Petrucci e Giovanni Cherubini e dei chimici Francesca
Rosetto e Guido Spera) hanno mostrato che in acqua irraggiata con ultrasuoni di
opportuna potenza e frequenza si verificano trasmutazioni di elementi, sia stabili che instabili, ed è
possibile produrre elementi non presenti in natura come l’ Europio. Tali processi
avvengono con emissione di neutroni.
La produzione di neutroni è stata esplicitamente riscontrata nell’
irraggiamento ultrasonico di soluzioni contenenti sali di ferro. L’ emissione
di neutroni è una chiara marcatura delle reazioni nucleari, che, a causa il
loro innesco ad opera di onde di pressione, sono state denominate, perciò, reazioni
piezonucleari. Il fenomeno è, secondo i ricercatori, riproducibile e in buona misura controllabile
e mostra un comportamento a soglia nell’
energia fornita al liquido dagli ultrasuoni, e ha luogo, sembra, senza produrre scorie radioattive. Il
meccanismo teorico proposto da Cardone e Mignani per spiegare i processi
piezonucleari è il seguente: sotto opportune condizioni di potenza e frequenza,
gli ultrasuoni producono nei liquidi un processo
di cavitazione, ovvero la formazione di bolle di gas che successivamente
implodono. A causa della tensione superficiale, gli atomi degli elementi
presenti nel liquido rimangono intrappolati sulla superficie della bolla.
Quando questa implode, gli atomi sono forzati ad avvicinarsi superando la barriera colombiana, e i loro
nuclei si fondono. In altri termini, le superfici delle bolle prodotte
dalla cavitazione si comportano come tanti acceleratori inerziali. Le
reazioni piezonucleari produrrebbero, perciò, energia, com’è evidenziato
dalla consistente evaporazione delle soluzioni, e, come già sottolineato, non
danno luogo a rifiuti radioattivi in quanto impiegano “combustibile” stabile.
Inoltre, un esperimento effettuato irradiando con ultrasuoni una soluzione
contenente Torio-228 ha mostrato un dimezzamento della vita media del torio
e quindi un’accelerazione del suo decadimento. Fatto veramente straordinario se
replicabile con altri elementi radioattivi. Questo significherebbe che le reazioni piezonucleari potrebbero
svolgere un ruolo anche nello smaltimento delle scorie radioattive. Vediamo
di capire meglio di cosa si tratta nel dettaglio. Fino ad oggi, sappiamo che si
produce energia da nucleare sia mediante la fissione che la fusione di atomi.
Nella fissione, che, è la sola attuabile in campo industriale, il problema più
grande sono le scorie radioattive da smaltire. Il prof. Cardone e i suoi
colleghi, grazie anche a esperienze precedenti, hanno scelto di studiare il piezonucleare.
In questo campo sembra abbiano ottenuto risultati eccellenti. Infatti sono in
grado, sembrerebbe, di produrre energia nucleare, ma senza adoperare elementi
radioattivi, bensì elementi comuni, come ad esempio il ferro. Secondo il Prof. Cardone,
sono possibili reazioni nucleari utilizzando la deformazione dello spazio-tempo
in prossimità dei nuclei atomici, di elementi semplici. A produrre il risultato
sono gli ultrasuoni, capaci di costringere atomi di ferro (ma anche di altri
elementi) ad emettere neutroni, cioè energia sufficiente a innescare reazioni a
catena. Gli ultrasuoni eserciterebbero una pressione sufficiente a “spremere”
neutroni.. Ciò avviene in uno spazio-tempo deformato nei dintorni dei nuclei
atomici. Einstein affermava, appunto, nella sua relatività, che le masse
deformano lo spazio-tempo facendovi precipitare le cose: la gravità. Ciò è vero
anche se la massa è quella minuscola di un nucleo atomico. Per il Prof. Cardone
gli ultrasuoni in tale spazio-tempo
sono sufficienti a distaccare neutroni generando un flusso di energia. Perciò,
il guadagno energetico è anche conveniente, perché i neutroni ottenuti sono
molto abbondanti rispetto all’energia di una comune reazione convenzionale. E non
sono state riscontrate emissioni di radiazioni pericolose, Alfa, Beta e
Gamma. Le reazioni nucleari
ultrasoniche per liberare energia necessitano di sali di Ferro ed il Ferro è
molto comune in natura, e questo risolverebbe il problema della dipendenza
geopolitica dai produttori delle fonti primarie. Inoltre, ripeto, gli esperimenti hanno mostrato che le reazioni
nucleari ultrasoniche non producono scorie radioattive e nemmeno radioattività
residua e questo risolverebbe il problema dei rifiuti pericolosi. Ma quale è il
modo migliore di usare questa energia liberata? In questo processo l’energia liberata sotto forma di neutroni sarebbe
il doppio di quella di un reattore all’uranio. La
prima idea sarebbe di usare direttamente questa energia per generare corrente
elettrica mediante alternatori con turbine mosse dal vapore acqueo ottenuto
raffreddando i neutroni. Non è detto, però, che questa sia la maniera più
efficiente di sfruttare questo fenomeno. Un altro modo, forse migliore, di
sfruttare questi neutroni e la loro energia è di usarli per scatenare reazioni
nucleari secondarie in opportuni materiali, quali l’acido borico che è anche
molto comune, in cui la generazione di energia venga amplificata. In poche
parole usare i neutroni delle reazioni ultrasoniche come innesco per liberare
quantità di energia sempre maggiori. Il massimo traguardo di un futuro
prototipo industriale è produrre 3 chilowattora di corrente elettrica per ogni
chilowattora di corrente consumata per generare gli ultrasuoni necessari alle
reazioni. Ma gli esperimenti avrebbero indicato un’altra sorprendente
possibilità offerta dalle reazioni nucleari ultrasoniche : la distruzione delle sostanze
radioattive mediante la trasformazione in sostanze inerti prive di
radioattività. E’ opportuno qui ripetere da un punto di vista delle potenzialità
pratiche quanto esaminato precedentemente da un punto di vista scientifico. Per
questo esperimento sono state prese quantità minime di una sostanza
radioattiva, il Torio-228, per
sottoporla ad ultrasuoni. Il Torio è stato scelto per la potenza e forma
caratteristica delle sue radiazioni facilmente riconoscibili e fotografabili. Il risultato sarebbe stato che il Torio radioattivo sottoposto agli ultrasuoni era
diventato la metà, cioè si era dimezzato, ma in 90 minuti invece che nei due
anni previsti dalla legge della radioattività. Quindi la radiazione del Torio,
dopo l’applicazione degli ultrasuoni sarebbe divenuta la metà ma senza che vi fosse aumento
di radiazione di altro genere come vuole la legge del decadimento radioattivo,
di nuovo il tutto in 90 minuti invece che in due anni. Perciò, ripeto, semplicemente
dopo 90 minuti di ultrasuoni il Torio era divenuto la metà e anche la sua
radioattività si era dimezzata, il che è straordinario. Che cosa sia diventato
il Torio è ancora oggetto di esperimenti, certamente non è decaduto per le vie
naturali altrimenti vi sarebbe stato l’aumento di altre radiazioni che però
sarebbero comunque risultate nelle lastre fotografiche. Ovviamente il problema
è ora di passare dalle quantità minime degli esperimenti alle quantità
industriali e di provare anche con differenti elementi radioattivi. Insomma
occorrerebbe passare alla costruzione di prototipi, anche modesti, per
verificare la validità di questi risultati. Ecco aperta, forse, un’altra pagina di speranza per il futuro energetico
del nostro pianeta e la possibilità, al momento teorica, di eliminare le scorie
nucleari provenienti dai reattori nucleari in funzione in tutto il Mondo. Da
quanto evidenziato, si potrebbero ipotizzare davvero applicazioni straordinarie per tali scoperte. Altre informazioni si possono
desumere consultando le schede sinottiche dei brevetti detenuti dal CNR
relativi alle reazioni piezonucleari. E’ chiaro che tutto ciò non può
essere sottovalutato. Bisogna andare avanti con fiducia e credere nei risultati
della ricerca. Dall’Italia potrebbe venir fuori una speranza in più per il bene
dell’umanità.
Prof. Orazio Mainieri
* Università della Calabria
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