mercoledì 1 ottobre 2014

Fare Ambiente favorevole alla costruzione del Ponte San Francesco di Paola altrimenti detto Ponte sullo stretto di Messina



«Renzi dovrebbe avere più coraggio e giocarsi senza indugi, la carta del Ponte San Francesco di Paola, altrimenti dello ponte sullo Stretto di Messina». Lo afferma Antonio Iaconetti, responsabile regionale della Calabria del Movimento Ecologista Europeo FareAmbiente, commentando le ultime indiscrezioni secondo le quali il Presidente del Consiglio avrebbe chiesto al Consorzio Eurolink di riaprire il dossier dell’infrastruttura che il governo Monti, un po’ troppo precipitosamente, aveva invece accantonato nel 2012.
«Non so se allo stato attuale, le penali dovute alla Impregilo per la mancata  realizzazione dell’opera siano più onerose della costruzione dell’opera stessa – aggiunge Iaconetti -  Penso che il Ponte San Francesco di Paola sia, a prescindere, un’infrastruttura strategica e fondamentale per lo sviluppo della Calabria e del Mezzogiorno, in grado di imprimere una decisiva svolta alle ambizioni di crescita sociale ed economica del Sud del Paese, a cui è inaccettabile rinunciare.
Il Ponte San Francesco di Paola - da oggi in poi così mi piacerebbe venisse chiamato,  – conclude l’esponente di FareAmbiente – rappresenta una grande opportunità in termini occupazionali ed economici, perché rinunciare al Ponte significa non solo una grave perdita per l’asfittica economia del Meridione ma anche italiana che, secondo Impregilo si tradurrebbe, anche,  in una perdita per lo Stato del gettito fiscale potenziale da 4,5 miliardi dagli oltre 40mila posti di lavoro che si creerebbero. E’ innegabile, quindi,  che l’opera –Ponte San Francesco di Paola porterà un valore aggiunto a questo lembo d’Italia, poiché diventerà una sicura attrattiva turistica così da valorizzare anche i tanto e da tutti desiderati Bronzi di Riace,  confinati in questo estremo sud della nostra bellissima penisola.  Il Ponte, conclude Iaconetti, costituirebbe una forte attrazione di investimenti, ed anche sotto il profilo dell’impatto paesaggistico, non dimentichiamo che questo collegamento metterebbe un freno al traffico di imbarcazioni a motore che quotidianamente, nell’indifferenza e nel silenzio di tutti, attraversano lo Stretto, con conseguente inquinamento meteo - marino. Altro che, preoccuparsi del fatto che l’ombra del ponte devia la rotta dei delfini !!! ».
Cosenza, 25.09.2014

Il responsabile regionale di Fare Ambiente
Avv. Antonio Iaconetti

Su Coreca, Fare Ambiente coinvolge gli ordini professionali

«Predisporre interventi efficaci per contrastare il fenomeno dell’erosione costiera che interessa il sito di Coreca, ad Amantea, e però poco invasivi ed a basso impatto ambientale per tutelarne l’elevato valore paesaggistico, è una priorità che richiede il coinvolgimento dei migliori professionisti e dei tecnici più esperti su cui è possibile contare. Per questo abbiamo indirizzato una missiva all’Ordine provinciale degli architetti, a quello degli ingegneri e dei geologi ed all’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica chiedendo un parere in merito alla migliore strada da intraprendere per risolvere il problema».
E’ quanto si legge in una nota del coordinatore regionale di FareAmbiente Calabria, Antonio Iaconetti.
«Prima che si proceda all’allestimento di opere costose, inutili e dannose – informa Iaconetti – prima di pregiudicare l’inclusione di questo splendido tratto di litorale tra i Siti di Importanza Comunitaria, intendiamo dare massima pubblicità, se necessario anche a livello nazionale, della scellerata idea di posizionare barriere nell’area antistante la scogliera, in completo spregio delle peculiarità naturali e morfologiche. Per questo abbiamo richiamato l’attenzione degli Ordini Professionali affinché diano vita ad un lavoro sinergico e di collaborazione con le istituzioni per individuare una soluzione alternativa, che da un lato freni il fenomeno dell’erosione e dall’altro non pregiudichi il patrimonio ambientale e paesaggistico della zona di Coreca».

18 settembre 2014
Avv. Antonio Iaconetti

N.B.: si allega lettera ad Ordini professionali

Spett.li
Ordine Architetti P.P.C della Provincia di Cosenza
e.p.c
Ordine Ingegneri Provincia di Cosenza
e.p.c.
Ordine Geologi Provincia di Cosenza
e.p.c.
IRPI - CNR U.O.S. Cosenza

OGGETTO: Comunicazione e richiesta parere in merito alla predisposizione di opere di contrasto  all’erosione costiera in località Coreca (Amantea, cs) di elevato valore paesaggistico

Si segnala all’attenzione degli Ordini Professionali quanto di seguito descritto, onde pervenire alla massima pubblicità  delle vicende e degli interventi in progetto relativi alla presunte opere di contrasto all’erosione costiera della scogliera di Coreca nel comune di Amantea (CS), nota località balneare di pregevole interesse paesaggistico ed identitario per una comunità, come quella del basso tirreno cosentino che, inerme, sta assistendo da tempo alla distruzione del proprio patrimonio ambientale e paesaggistico.
L’artificializzazione  e la modificazione irreversibile del profilo costiero attraverso opere invasive e completamente avulse da qualsiasi contesto paesaggistico sta, infatti, pregiudicando, in nome  di un’emergenza provocata ed auspicata, l’unica vera risorsa in grado di riscattare  un territorio ricco di potenzialità culturali ed ambientali, mediante  il turismo ed il miglioramento della qualità della vita nelle sue molteplici forme e significati.
Procedere, quindi, al posizionamento di nuove barriere nelle aree antistanti la scogliera di Coreca non è la migliore soluzione per recuperare questo tratto di litorale di grande valenza paesaggistica e naturalistica, vista la più che plausibile possibilità di includere tale area nel complesso dei Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e che, pertanto, così come si legge anche nella relazione tecnico-economica del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, richiede un intervento che “induca il minore impatto visivo possibile”.
Continuano, invece,  a propinarci l’idea di posizionare barriere emerse ad un centinaio di metri dalla spiaggia in completo spregio alle peculiarità naturali e morfologiche.
Come se non bastasse,  nel progetto,  è previsto anche un ripascimento dell’arenile intorno lo scoglio di Coreca utilizzando un volume di sabbia da prelevare dal letto del fiume Oliva, e quindi con quella stessa sabbia dal sito su la Procura della Repubblica di Paola sta facendo indagini per accertare se in quel sito ci siano o meno,  rifiuti tossici e radioattivi !!!
Per i motivi appena espressi, si chiede un parere agli Ordini professionali e delle altre istituzioni rappresentanti la società civile, affinché ogni intervento sia finalizzato al recupero ambientale ed alla riqualificazione e tutela paesaggistica, aspetti fondamentali per una compiuta  valorizzazione di Coreca nonché per tutto il comprensorio, che di fatto, oggi vengono deliberatamente ignorati.
Riteniamo e ci preme evidenziare anche, come risulti completamente assente una progettualità d’area rispetto alla configurazione di uno scenario di recupero delle condizioni originarie della Scogliera.
Invece, il progetto, così come è redatto, e  con la previsione di massicciate e barriere, vada in sostanza verso la modificazione permanente e irreversibile delle condizioni morfologiche ed ambientali originarie.
Pertanto, FareAmbiete in qualità di Associazione Ambientale accreditata presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del Mare (MATTM),
CHIEDE
Un parere tecnico - in merito a quanto sopra esposto, sollecitando gli Ordini Professionali in indirizzo ad esprimere  – entro e non oltre il 22 settembre p.v., termine ultimo fissato dalla Regione Calabria per formulare eventuali obiezioni al progetto - un Loro autorevole parere, onde giungere ad una concreta tutela e salvaguardia del territorio e del paesaggio.
Ringrazio ed ossequio.
Cosenza, 15.09.2014

                                                                                  Il responsabile per la Calabria
                                                                                                       
                                                                 Avv. Antonio Iaconetti



Giù le mani dalla scogliera di Coreca

«Procedere al posizionamento di nuove barriere nelle aree antistanti la scogliera di Coreca non è la migliore soluzione per salvaguardare questo tratto di litorale di grande valenza paesaggistica e che, pertanto, come si legge anche nella relazione tecnico-economica del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, richiede un intervento che induca il minore impatto visivo possibile».
Lo sostiene il Movimento ecologista europeo FareAmbiente, rappresentato da Antonio Iaconetti e da Aurelio Longo ai recenti incontri ospitati ad Amantea alla presenza delle istituzioni locali, con l’obiettivo di trovare una soluzione concordata per contrastare per contrastare il fenomeno dell’erosione costiera che interessa quest’area del basso Tirreno cosentino.
«I tecnici invece – proseguono i rappresentanti di FareAmbiente – quegli stessi tecnici che nel recente passato, si sono occupati della questione ricevendo incarichi per chiamata diretta e non per concorso, e mettendo in atto espedienti costosi che non hanno affatto mitigato la situazione, laddove non l’hanno addirittura peggiorata, continuano a propinarci l’idea di posizionare barriere emerse ad un centinaio di metri dalla spiaggia.
Come se non bastasse – aggiungono Iaconetti e Longo - nel progetto è previsto anche un ripascimento protetto dell’area intorno lo scoglio di Coreca utilizzando un volume di sabbia da prelevare nel letto del fiume Oliva, quella stessa sabbia ancora oggetto di indagini da parte della procura di Paola per la sospetta presenza di rifiuti tossici e radioattivi.
Per questo – concludono i due esponenti di FareAmbiente – ci appelliamo al buon senso del sindaco di Amantea e delle altre istituzioni coinvolte, affinché questo progetto scellerato venga completamente accantonato e si guardi invece ad altre tecniche innovative e risolutive che altrove sono state sperimentate con successo com’è accaduto, ad esempio, a Tropea, dove è stata realizzata una efficace barriera soffolta. Parteciperemo domani, sabato 13 settembre, al consiglio comunale straordinario indetto ad Amantea, per offrire il nostro contributo e proporre soluzioni alternative che possano essere risolutive per un’area che ha buone possibilità di diventare un’area SIC (Sito di Interesse Comunitario) con rilevanti e positivi benefici per l’industria turistica».

12 settembre 2014


Emergenza rifiuti: conseguenza delle non scelte del passato

L’emergenze rifiuti di oggi, afferma Antonio Iaconetti, coordinatore regionale di Fare Ambiente in una nota, è la diretta conseguenze delle (non) scelte del passato.
Certamente, prosegue Iaconetti, una  gran parte di responsabilità ce l'hanno gli pseudo ambientalisti alla Bonelli che oggi viene in Calabria a criticarci senza dare soluzioni su come uscire dall’ennesima situazione emergenziale.
La soluzione, prosegue Iaconetti,  c’è e si trova scritta nel disatteso c.d. decreto Ronchi, che, recependo direttive europee, nel disciplinare l’intera gestione dei rifiuti, prevede, anche, la costruzione di impianti di incenerimento con recupero energetico.
Impianti, prosegue Iaconetti, presenti in tutti i paesi più evoluti, tranne che in Calabria, dove si preferiscono le discariche, che violentano il territorio, inquinano il suolo e le falde acquifere, ai termovalorizzatori, o ad altri sistemi sicuramente meno inquinanti e in grado anche di creare ricchezza con la produzione di energia elettrica.
A questo, bisogna necessariamente abinare un cambio di tendenza  prendendo esempio da  San Fili, che  con il 72,66% è stato il comune più virtuoso della Calabria, e quindi sensibilizzare gli amministratori a promuovere un sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta e sensibilizzare la gente a comportarsi secondo criteri virtuosi .
Conclude Iaconetti, solo così si riesce a coniugare rispetto dell’ambiente, recupero del decoro cittadino e tutela e salvaguardia del territorio.
Cosenza, 01.03.2014                                
  Dal coordinamento regionale Fare Ambiente Calabria


E’ il sole a controllare il clima della terra



di   Orazio Mainieri *

Una macchia solare è una regione della superficie del Sole (la fotosfera) che è distinta per  una temperatura minore dall’ambiente circostante, e dotata di una forte attività magnetica. Numerose macchie simili sono state osservate anche in stelle diverse dal Sole, e prendono il nome più generale di macchie stellari. La temperatura nel nucleo di una macchia può variare da 4.000 a 5.200 gradi centigradi, mentre nella penombra raggiungiamo valori pari a 5.500 gradi centigradi; di conseguenza le macchie appaiono scure solo per contrasto con le regioni fotosferiche adiacenti soggette a temperature più elevate.
http://archive.oapd.inaf.it/othersites/sc/Images/StarChild/questions/sunspot_dia.gif
Quindi il sole non è immutabile ma ha un’attività che varia nel tempo e che incide sul clima del nostro pianeta. Le ricerche sulle macchie solari segnarono il passo per la maggior parte del XVII el’inizio del XVIII secolo, perché a causa del Minimo di Maunder quasi nessuna macchia solare fu visibile per molti anni. Durante il Minimo di Maunder (cioè il periodo di bassa attività solare che va dal 1645 al 1715 d.C. che con molta probabilità causò la Piccola Era Glaciale) esse quasi scomparirono, e la Terra nello stesso periodo si raffreddò in modo consistente. La correlazione tra i due eventi è oggetto di discussioni nella comunità scientifica per l’analisi del riscaldamento globale. Quello che avviene in assenza di macchie solari può essere spiegato in maniera semplice:  le molecole d’aria elettrizzate dai raggi cosmici che penetrano nell’atmosfera terrestre sono, infatti,  insieme al pulviscolo atmosferico, nuclei privilegiati per coagulare su di sé il vapore acqueo circostante, favorendo in tal modo la formazione di nubi nella bassa atmosfera. A sua volta, le nubi basse hanno la proprietà di raffreddare la Terra. In generale diciamo che, in passato, nelle sue osservazioni, dopo la ripresa dell’attività solare, Heinrich  Schwabe poté osservare  nel 1843 un cambiamento periodico nel numero delle macchie solari, che sarebbe poi stato chiamato il ciclo undecennale dell’attività solare(numero medio fra cicli di 8 e 14 anni). L’esistenza di un ciclo periodico nella comparsa delle macchie solari fu scoperta, quindi,  nel 1844 da H. SCHWABE, un farmacista appassionato di osservazioni solari. Per mettere in evidenza tale periodicità occorre costruire un indice di attività che descriva in ogni momento lo stato della fotosfera solare sotto il profilo della presenza di macchie. Solitamente si fa riferimento al  cosiddetto numero di Wolf, legato al numero delle macchie e dei gruppi di macchie presenti in un dato momento sul Sole. Facendo una media annuale dei numeri di Wolf  determinati giornalmente e riportando questi dati in un grafico in funzione del tempo, si visualizza il ciclo delle macchie solari. La periodicità è evidentissima. Il ciclo passa da minimi (quasi totale assenza di macchie) a massimi con periodicità di circa 11,2 anni in media.  Il ciclo iniziato nel 1755 (convenzionalmente il n°1) è il primo ciclo di cui possediamo dati mensili sufficientemente attendibili. Quindi  i cicli solari sono stati numerati considerando come primo ciclo quello iniziato nel 1755; attualmente ci troviamo nel 24° ciclo. A dire la verità, tale ciclo continua a classificarsi come uno dei più deboli degli ultimi 250 anni. In figura sono schematizzati i 24 cicli a partire dal 1755. Sono evidenti il Minimo di Maunder che ci ha dato la Piccola Era Glaciale(PEG) e il Minimo di Dalton, che ha portata all’assenza dell’estate nel 1816.
http://www.gruppozerog.it/home/images/fisica/grafico-macchie-solari.jpg

Attività solare e clima

Alcuni scienziati ritengono che le macchie solari potrebbero essere  la causa alla base del riscaldamento globale(o raffreddamento ?) e non l’uomo e i suoi consumi. Le macchie solari, sappiamo oggi, sono intensi campi magnetici che appaiono durante periodi d’elevata attività solare, ma per secoli e da molto prima che se ne conoscesse la natura gli astronomi ne hanno registrato il numero, e dai dati raccolti, si potè notare tra il 1645 e il 1715 una drastica riduzione nel numero delle macchie solari che portò al famoso minimo di Maunder (già citato), dal nome dell’astronomo inglese che osservò la circostanza. Quanto il numero di macchie solari sia un ‘attendibile indicatore del clima lo scoprirono il ricercatore danese Friis-Christensen e i suoi collaboratori, che nel 1991 dimostrarono la stretta correlazione tra attività solare e  la temperatura globale in tutto il periodo compreso fra il 1860 e il 1990. La potenza di questo effetto è diventata chiara solo recentemente, dopo che si sono confrontate, nel corso degli anni, le temperature globali con il flusso di raggi cosmici, scoprendo una stretta correlazione tra temperatura globale e flusso cosmico, con la prima che aumenta ogni volta che il secondo diminuisce, e viceversa: il clima è, infatti, controllato soprattutto dalle nuvole, queste sono controllate dal flusso di raggi cosmici, a sua volta controllato dall’intensità del campo magnetico dal sole, cioè dalla attività della nostra stella. Va detto però che tali teorie sono ancora al vaglio della Comunità Scientifica, e al momento sono oggetto di dibattito e contestazione accademica. In Italia chi ha abbracciato l’ipotesi della correlazione tra macchie solari e clima è il metereologo Paolo Ernani (ha scritto anche un libro sull’argomento),che azzarda l’ipotesi di un pianeta che si sta raffreddando.  Comunque comprendere eventuali connessioni tra la nostra stella e il clima terrestre, richiede competenze specifiche in settori come la fisica, l’attività solare, la chimica atmosferica e la dinamica dei fluidi, la fisica delle particelle energetiche, e la storia geologica della Terra. Per cui i meccanismi di influenza del sole sul clima sono molto complicati e ci dovranno lavorare molti ricercatori di vari campi per avere validi risultati.  Dal momento che nessun singolo ricercatore possiede l’intera gamma di conoscenze necessarie per poter affrontare il problema, l’NRC ha dovuto riunire decine di esperti provenienti da tutto il mondo, unendo gli sforzi in un contesto multi-disciplinare. Il tutto per spiegare gli eventi attuali dovuti agli ultimi cicli.
Cicli solari
L’attività solare sta,quindi, rallentando visibilmente, tanto che le macchie solari sono ormai al minimo, come non apparivano da quasi un secolo. Il ciclo 24 ebbe inizio ufficialmente nel dicembre del 2008, mostrandosi però fin da subito molto debole. In quel periodo la forza del Campo Magnetico non consentiva alla Dinamo Solare di formare macchie sulla sua superficie. Il Sole è stato privo di macchie per l’85% del tempo nei primi mesi del2009. Il nostro Sole ha concluso il suo ciclo di attività numero 23 nel 2008, lasciando spazio al 24° ciclo. Questo prolungato minimo solare ed il ritardo accentuato del ciclo 24, stavano a significare soltanto una cosa e cioè che il ciclo sarebbe risultato molto basso e che molto probabilmente sarebbe rientrato in un range di 50-70 SSN(Smoothed  Sunspot  Number), che se confermato dai fatti, come sta ora avvenendo, si pone più o meno allo stesso livello del minimo di Dalton. I ricercatori della Fondazione Osservatorio Astronomico di  Tradate che da tempo seguono, nuvole permettendo, il nostro Sole, hanno potuto osservare nel 2009 sulla superficie della nostra stella un nuovo gruppo di macchie solari. “Il nostro Sole si sta comportando in modo strano”. Questo fu  il commento di Roberto Crippa, ricercatore e Presidente della “FOAM13”. “Dal 2004, prosegue Crippa, ci sono stati più di 800 giorni senza macchie solari visibili a fronte di una media di meno di 500 per i cicli passati; siamo quindi in una fase di minimo molto prolungata, dopo il massimo di attività registrato nel2001; in particolare, la fine del ciclo 23  ha  registrato  un numero elevato di giorni senza macchie: sono stati 266 nel 2008 (73%)”.Secondo alcuni studi, la bassa attività solare di questo ciclo 24 continuerà ancora per molti anni, questo perché i corti e potenti cicli solari del 20° secolo hanno creato un debito che ora deve essere pagato. Questo significa che per i prossimi decenni vi saranno cicli con attività solare molto bassa. In figura è mostrato l’andamento degli ultimi tre cicli(ciclo 22, 23 e 24)
                     Ciclo  22                                                       ciclo 23                                                    ciclo24
Situazione attuale
«Quindi se il Sole continuerà a restare senza macchie, sulla Terra potrebbe arrivare un freddo glaciale». La fosca profezia arriva, anche, da alcuni astronomi americani della Nasa, preoccupati per quella che si
profila come un’anomala assenza di attività energetica sulla superficie visibile della nostra stella. Inattività che potrebbe avere conseguenze dirette sul nostro clima, facendo addirittura compiere una retromarcia
all’effetto serra, volgendo, in breve, il supercaldo in superfreddo. La prospettiva può apparire esagerata e basata su un’affrettata valutazione di una tendenza ancora tutta da verificare, tuttavia bisogna ammettere che nel recente passato della storia dell’uomo un fenomeno del genere, come sopra detto, si è già verificato. Veramente più di uno. Era quella che gli storici chiamano la tarda età Barocca, cioè la seconda metà del XVII secolo, quando, una prolungata mancanza di attività solare, e cioè il ricordato minimo di Maunder,  precipitò l’Europa in  una Piccola età del ghiaccio, caratterizzata da carestie e epidemie che decimarono la popolazione europea. Senza, però, abbracciare drastiche teorie osserviamo solo che attualmente il Sole sta emergendo da un minimo di attività e molti astronomi si sarebbero aspettati un repentino ritorno delle macchie, come di solito si verifica. Questo repentino ritorno non c’è stato. Come se non bastasse, oltre all’assenza di macchie, abbiamo anche che un altro fattore dell’attività energetica della nostra stella, il cosiddetto vento solare, è in netto calo. Il vento solare è un flusso di particelle elettricamente cariche che viene espulso in continuazione dalla nostra stella e che si espande a raggiera per milioni di km, investendo anche  il nostro pianeta. Magari non tornerà una Piccola età del ghiaccio, ma forse batteremo un pò di più i denti per il freddo. Sempre che il nostro ben noto effetto serra non abbia la meglio e prevalga sulla inattività solare, ma ne dubito.
Il ventiquattresimo ciclo
Gli scienziati hanno previsto  che il 24° ciclo solare potrà avere un picco, ma poi?  L’idea che ne èvenuta fuori è che  il 24° ciclo solare  sarà un  ciclo basso.  L’attività resta quindi ancora molto bassa. Infatti da quando il numero di macchie solari ha raggiunto il minimo, attorno al 2007-2008, non si è visto il ritorno all’aumento nel loro numero che ci si aspettava per la fine del 2008stesso. Al 24 agosto 2009, sono  stati 44 i giorni consecutivi, ad esempio,durante i quali il Sole non ha mostrato alcuna macchia. Dall’inizio del2009, anno in cui le macchie solari sul Sole avrebbero dovute  essere numerose, il numero di giorni, in cui la stella ne è apparsa priva, è stato di 186, che corrisponde al 79% del totale dei giorni dell’anno. Tutto ciò vuol dire che questo ritardo nella ripartenza del ciclo 24 ha fatto capire  che esso sarebbe  un ciclo molto debole, come è stato infatti il passato ciclo 5 del minimo di Dalton (che portò ad una estate senza caldo nel 1816)! Solo nel 2011 si sono osservate fino ad un massimo di  100 macchie solari in brevi periodi  che però sono scese negli anni successivi anche dimezzandosi.  Gli scienziati in questo campo sono numerosi. Comunque ritengo doveroso citare l’originale teoria di Timo Niroma. Timo Niroma  è stato uno studioso solare finlandese che ha elaborato una interessantissima teoria, puramente statistica,sul perché alcuni cicli durino di meno o di più di altri e soprattutto sul perché  ogni tot anni abbiamo super minimi tipo il Maunder, Dalton,  etc. Questo studio prende in considerazione l’orbita di alcuni pianeti del nostro sistema solare, ed in particolar modo del pianeta più grande, ossia Giove!Per farla breve, Timo ha notato che nel corso dei secoli, più Giove si avvicina al sole, e più il numero di macchie solari diminuisce ed i cicli si allungano, a causa dell’influenza del campo magnetico che il pianeta ha verso il sole. Secondo questa teoria, Niroma già dal 2006 aveva predetto che il ciclo 23 sarebbe durato 13 anni, prevedendo il suo minimo nell’estate 2009 ed una ripresa del ciclo 24 nel 2014; prevedendo inoltre che sarebbe stato un ciclo molto debole stile Dalton, con al massimo 30-60 SSN! E tutto ciò proprio perché  Giove sarebbe stato  al perielio!L’attenzione va, quindi,  al periodo del ciclo. Infatti  un ciclo che supera i 12 anni ha sempre preceduto un grande minimo (1798 minimo di Dalton, 1856 minimo di Damon). Non è chiaro esattamente quanto lunghi siano stati i cicli che anticiparono il minimo di Maunder, ma sembra che ci sia stato un minimo nel 1620. Ciò indica che prima del Maunder   ci furono 2 cicli che durarono 25 anni, quindi almeno uno dei 2 molto lungo. Questo ha portato al raffreddamento del clima per decenni, anche se oggi non possiamo essere certi che vi sarà una nuova PEG. Niroma continua: “Un basso Dalton è oggi probabile, ma nessuno può essere sicuro di questo, anche se ci sono molte indicazioni che testimoniano un Campo Magnetico solare molto debole. Se a questo aggiungiamo il fatto che tutti i minimi importanti sono stati preceduti da cicli molto lunghi, io non mi sorprenderei di vedere il ciclo 24 vacillare, terminando proprio vicino al suo massimo intorno al 2014-2015, portandoci direttamente ad un minimo di tipo Maunder !”Altro pensiero di Niroma: “Un piccolo inciso. L’aumento della CO2 in atmosfera dallo 0.03% allo 0.04% non ha avuto alcun significato in questo gioco dove è il vapore acqueo a far la parte principale. Io sono solo uno studioso di statistica e questo è uno studio statistico, ma a tutti quelli che per anni mi hanno chiesto che cosa pensavo riguardo i collegamenti fisici ho sempre risposto: Il campo magnetico terrestre è molto sensibile alle variazioni di quello solare; questo dovrebbe avere molti più effetti sulla Terra piuttosto che i gas ad effetto serra prodotti dall’uomo”.  Devo anche citare ricercatori come Matt Penn e William Livingston, del National Solar Observatory, che  prevedono che il ciclo solare 25 sarà caratterizzato da un’assenza totale di macchie solari. Ormai si è capito che assenza di macchie solari significa:  più nuvole,  più piogge e raffreddamento della Terra. Tuttavia è troppo  presto per giungere a drammatiche conclusioni.  Si spera in una evoluzione meno drastica. Sperare è sempre buono ma occorre anche prevedere un modo di vivere diverso sul nostro pianeta. Resta il fatto, comunque, che  lo studio delle macchie e dell’attività solare assumerà enorme rilevanza  per quel che riguarda  l’influenza del sole sul clima terrestre sfatando gli attuali  “miti politici”.
*Docente  Università della Calabria