venerdì 20 dicembre 2013

Le reazioni Piezonucleari per promuovere tecnologie nucleari pulite e lo smaltimento delle scorie radioattive

L'energia è indispensabile alla vita sulla terra e costituisce un elemento importante per lo sviluppo sociale ed economico delle nazioni. Non c'è vita senza energia, e la qualità della vita viene notevolmente migliorata quando si può disporre di energia in abbondanza e a buon mercato. Finora tutto ciò è stato garantito soprattutto dagli idrocarburi. Essendo, però,  queste risorse finite, nei prossimi decenni avremo un calo  della loro disponibilità con conseguenze inimmaginabili sul nostro sistema di vita attuale. Per rallentare questa tendenza non bisogna tralasciare l’utilizzo di nessuna fonte energetica compresa quella nucleare. Anzi quest’ultima può dare, al momento, un grosso contributo con l’uso di  impianti nucleari di potenza di terza generazione. Il nucleare rappresenta un'opzione energetica come le altre. Non si può far finta che non esista. Certo c’è il problema della sistemazione dei prodotti di fissione radioattivi(dette scorie), ma  il suo utilizzo presenta indubbiamente anche dei grossi  vantaggi: gli impianti nucleari di potenza, per esempio, non producono anidride carbonica ed ossidi di azoto e di zolfo, principali cause del buco nell'ozono e dell'effetto serra, in più  la produzione di energia elettrica dal nucleare riduce l'importazione di petrolio e la dipendenza della economia, quindi, dagli idrocarburi. Il tutto si traduce in una maggiore stabilità del sistema energetico ed economico nazionale. E’ pur vero che anche l’uranio è una risorsa finita, ma l’uso futuro dei reattori autofertilizzanti (ancora solo in prototipi) potrebbe estendere a millenni il suo utilizzo. Comunque solo l’energia nucleare e la ricerca in quest’ambito possono dare prospettive energetiche, di lungo termine, ad una umanità che entro pochi decenni si troverà a gestire la fase calante della produzione degli idrocarburi e quindi anche del  petrolio che è l’elemento su cui si regge la società industriale odierna.  Forse il nucleare non riuscirà a compensare la fine del petrolio ma, senz’altro, rallenterà le conseguenze nefaste di tale evento. Di certo è una carta da giocare in tutti gli aspetti potenziando la ricerca a 360 gradi. In questo articolo esamineremo le possibilità che potrebbero scaturire dalle ricerche sulle reazioni piezonucleari. Di sicuro non si darà niente per scontato accettando eventuali  ipotesi fantasiose ma verranno solo citati esperimenti effettuati nel nostro Paese e prospettive future possibili realistiche.                                                                            Dalla rete  riscontro: “La parola  piezonucleare indica una teoria in base alla quale la pressione meccanica modifica la struttura dello spazio-tempo alla scala subatomica, generando quindi, a detta dei ricercatori, reazioni nucleari. In particolare, con reazioni piezonucleari si indicano le presunte reazioni di fissione nucleare di materiali non radioattivi indotte da ultrasuoni”.  Poi leggo anche: “questa teoria è ritenuta dalla comunità scientifica priva di riscontri e in violazione delle attuali leggi della fisica”. Detto ciò mi dovrei fermare e chiudere il discorso sul piezonucleare, cambiando argomento. Però, ecco c’è un però. Durante gli esperimenti di Fermi in via Panisperna nel 1934, si bombardavano diversi materiali con neutroni per osservarne gli effetti. Ebbene sull’uranio si avevano effetti strani al punto che Ida Noddack(1896-1978), chimica e fisica tedesca, avanzò l’ipotesi in un  articolo del settembre 1934  che si potessero produrre elementi della parte centrale della tavola periodica(cioè l’atomo si spaccava). Nessuno allora prese in considerazione la sua ipotesi in quanto era contraria al pensiero scientifico del momento; la Noddack non tentò comunque di verificare la sua teoria(cioè lasciò perdere per evitare, penso, di fare brutte figure). Infatti per i padri della fisica del momento(tra i quali il Nobel inglese Lord Ernest Rutherford autore del modello atomico ed il Nobel danese Niels Henrik David Bohr  che diede contributi essenziali nella comprensione della struttura atomica e nella meccanica quantistica) la frantumazione dell’atomo era inconcepibile. Ebbene si sbagliavano. Ecco il motivo perché ritengo che non bisogna dare nulla per scontato ma investigare e sperimentare sempre. Ecco perché compatibilmente con le risorse da investire occorre prestare attenzione anche a scoperte “strane”, non spiegabili fisicamente, al momento. L’importante è che siano riproducibili in tutti i laboratori, cioè che siano esperimenti galileiani. Questo è il motivo che mi porta a parlare dei possibili effetti piezonucleari degli elementi presenti in natura. Personalmente ne prendo atto, poi si vedrà. Perciò diamo un occhiata a queste interessanti “presunte” scoperte. Le scoperte sono avvenute intorno al 2004, nel periodo in cui a capo del CNR si trovava Fabio Pistella.  Le ricerche sono state eseguite dal 2003 al 2007 presso laboratori sia civili sia militari, con il concorso dei ricercatori civili G. Cherubini, A. Petrucci, F. Rosetto, G. Spera e dei tecnici militari A. Aracu, A. Bellitto, F. Contalbo, P. Muraglia.  I brevetti sono attualmente detenuti dal CNR (Consiglio Nazionale Ricerche) e l’ Ansaldo Nucleare sarebbe, al momento, molto interessata allo sfruttamento su scala industriale di quanto scoperto. Il tutto  è stato ufficializzato dalla rivista Physics Letter  del 23 febbraio 2009, in quanto le scoperte di questo  nuovo tipo di reazioni nucleari sono definite "Reazioni Piezonucleari". Esistono, si ritiene, particolari condizioni "non lineari" in cui i nuclei interagiscono tra loro secondo una modalità non prevista dalla meccanica relativistica e dalla meccanica quantistica. Il modello fisico tradizionale non è in grado di descrivere e prevedere tali reazioni. Attualmente affinché possano avvenire reazioni nucleari in specie chimiche non radioattive, l'attuale modello richiede la presenza di temperature elevatissime nell'ordine di milioni di gradi. Nelle Reazioni Piezonucleari non sono necessarie temperature estreme. Sono sufficienti particolari pressioni veicolate da ultrasuoni nei liquidi e pressioni meccaniche nei solidi. Vi sono, comunque, anche modelli teorici che prevedono le condizioni necessarie per provocare una reazione nucleare senza la necessità di alte temperature. Questo in sintesi il risultato delle ricerche, sia teoriche che sperimentali, condotte nell’ ultimo decennio dai fisici Fabio Cardone del Consiglio Nazionale delle Ricerche e Roberto Mignani dell’ Università “Roma Tre”. In particolare, gli esperimenti effettuati (in collaborazione con i fisici Walter Perconti, Andrea Petrucci e Giovanni Cherubini e dei chimici Francesca Rosetto e Guido Spera) hanno mostrato che in acqua irraggiata con ultrasuoni di opportuna potenza e frequenza si verificano trasmutazioni di elementi, sia stabili che instabili, ed è possibile produrre elementi non presenti in natura come l’ Europio. Tali processi avvengono  con emissione di neutroni. La produzione di neutroni è stata esplicitamente riscontrata nell’ irraggiamento ultrasonico di soluzioni contenenti sali di ferro. L’ emissione di neutroni è una chiara marcatura delle reazioni nucleari, che, a causa il loro innesco ad opera di onde di pressione, sono state denominate, perciò, reazioni piezonucleari. Il fenomeno è, secondo i ricercatori,  riproducibile e in buona misura controllabile e  mostra un comportamento a soglia nell’ energia fornita al liquido dagli ultrasuoni, e ha luogo, sembra, senza produrre scorie radioattive. Il meccanismo teorico proposto da Cardone e Mignani per spiegare i processi piezonucleari è il seguente: sotto opportune condizioni di potenza e frequenza, gli ultrasuoni producono nei liquidi un processo di cavitazione, ovvero la formazione di bolle di gas che successivamente implodono. A causa della tensione superficiale, gli atomi degli elementi presenti nel liquido rimangono intrappolati sulla superficie della bolla. Quando questa implode, gli atomi sono forzati ad avvicinarsi superando la barriera colombiana, e i loro nuclei si fondono. In altri termini, le superfici delle bolle prodotte dalla cavitazione si comportano come tanti acceleratori inerziali.  Le reazioni piezonucleari produrrebbero, perciò, energia, com’è evidenziato dalla consistente evaporazione delle soluzioni, e, come già sottolineato, non danno luogo a rifiuti radioattivi in quanto impiegano “combustibile” stabile. Inoltre, un esperimento effettuato irradiando con ultrasuoni una soluzione contenente Torio-228 ha mostrato un dimezzamento della vita media del torio e quindi un’accelerazione del suo decadimento. Fatto veramente straordinario se replicabile con altri elementi radioattivi. Questo significherebbe  che le reazioni piezonucleari potrebbero svolgere un ruolo anche nello smaltimento delle scorie radioattive. Vediamo di capire meglio di cosa si tratta nel dettaglio. Fino ad oggi, sappiamo che si produce energia da nucleare sia mediante la fissione che la fusione di atomi. Nella fissione, che, è la sola attuabile in campo industriale, il problema più grande sono le scorie radioattive da smaltire. Il prof. Cardone e i suoi colleghi, grazie anche a esperienze precedenti, hanno scelto di studiare il piezonucleare. In questo campo sembra abbiano ottenuto risultati eccellenti. Infatti sono in grado, sembrerebbe, di produrre energia nucleare, ma senza adoperare elementi radioattivi, bensì elementi comuni, come ad esempio il  ferro. Secondo il Prof. Cardone, sono possibili reazioni nucleari utilizzando la deformazione dello spazio-tempo in prossimità dei nuclei atomici, di elementi semplici. A produrre il risultato sono gli ultrasuoni, capaci di costringere atomi di ferro (ma anche di altri elementi) ad emettere neutroni, cioè energia sufficiente a innescare reazioni a catena. Gli ultrasuoni eserciterebbero una pressione sufficiente a “spremere” neutroni.. Ciò avviene in uno spazio-tempo deformato nei dintorni dei nuclei atomici. Einstein affermava, appunto, nella sua relatività, che le masse deformano lo spazio-tempo facendovi precipitare le cose: la gravità. Ciò è vero anche se la massa è quella minuscola di un nucleo atomico. Per il Prof. Cardone gli ultrasuoni in tale spazio-tempo sono sufficienti a distaccare neutroni generando un flusso di energia. Perciò, il guadagno energetico è anche conveniente, perché i neutroni ottenuti sono molto abbondanti rispetto all’energia di una comune reazione convenzionale. E non  sono state riscontrate emissioni di radiazioni pericolose, Alfa, Beta e Gamma.  Le reazioni nucleari ultrasoniche per liberare energia necessitano di sali di Ferro ed il Ferro è molto comune in natura, e questo risolverebbe il problema della dipendenza geopolitica dai produttori delle fonti primarie. Inoltre, ripeto,  gli esperimenti hanno mostrato che le reazioni nucleari ultrasoniche non producono scorie radioattive e nemmeno radioattività residua e questo risolverebbe il problema dei rifiuti pericolosi. Ma quale è il modo migliore di usare questa energia liberata?  In questo processo  l’energia liberata sotto forma di neutroni sarebbe  il  doppio di quella di un reattore all’uranio. La prima idea sarebbe di usare direttamente questa energia per generare corrente elettrica mediante alternatori con turbine mosse dal vapore acqueo ottenuto raffreddando i neutroni. Non è detto, però, che questa sia la maniera più efficiente di sfruttare questo fenomeno. Un altro modo, forse migliore, di sfruttare questi neutroni e la loro energia è di usarli per scatenare reazioni nucleari secondarie in opportuni materiali, quali l’acido borico che è anche molto comune, in cui la generazione di energia venga amplificata. In poche parole usare i neutroni delle reazioni ultrasoniche come innesco per liberare quantità di energia sempre maggiori. Il massimo traguardo di un futuro prototipo industriale è produrre 3 chilowattora di corrente elettrica per ogni chilowattora di corrente consumata per generare gli ultrasuoni necessari alle reazioni. Ma gli esperimenti avrebbero indicato un’altra sorprendente possibilità offerta dalle reazioni nucleari ultrasoniche : la distruzione delle sostanze radioattive mediante la trasformazione in sostanze inerti prive di radioattività. E’ opportuno qui ripetere da un punto di vista delle potenzialità pratiche quanto esaminato precedentemente da un punto di vista scientifico. Per questo esperimento sono state prese quantità minime di una sostanza radioattiva, il Torio-228, per sottoporla ad ultrasuoni. Il Torio è stato scelto per la potenza e forma caratteristica delle sue radiazioni facilmente riconoscibili e fotografabili.  Il risultato sarebbe  stato che il Torio radioattivo sottoposto  agli ultrasuoni era diventato la metà, cioè si era dimezzato, ma in 90 minuti invece che nei due anni previsti dalla legge della radioattività. Quindi la radiazione del Torio, dopo l’applicazione degli ultrasuoni sarebbe  divenuta la metà ma senza che vi fosse aumento di radiazione di altro genere come vuole la legge del decadimento radioattivo, di nuovo il tutto in 90 minuti invece che in due anni. Perciò, ripeto, semplicemente dopo 90 minuti di ultrasuoni il Torio era divenuto la metà e anche la sua radioattività si era dimezzata, il che è straordinario. Che cosa sia diventato il Torio è ancora oggetto di esperimenti, certamente non è decaduto per le vie naturali altrimenti vi sarebbe stato l’aumento di altre radiazioni che però sarebbero comunque risultate nelle lastre fotografiche. Ovviamente il problema è ora di passare dalle quantità minime degli esperimenti alle quantità industriali e di provare anche con differenti elementi radioattivi. Insomma occorrerebbe passare alla costruzione di prototipi, anche modesti, per verificare la validità di questi risultati. Ecco aperta, forse, un’altra   pagina di speranza per il futuro energetico del nostro pianeta e la possibilità, al momento teorica, di eliminare le scorie nucleari provenienti dai reattori nucleari in funzione in tutto il Mondo. Da quanto evidenziato, si potrebbero ipotizzare davvero  applicazioni straordinarie per  tali scoperte. Altre informazioni si possono desumere consultando le schede sinottiche dei brevetti detenuti dal CNR relativi alle reazioni piezonucleari. E’ chiaro che tutto ciò non può essere sottovalutato. Bisogna andare avanti con fiducia e credere nei risultati della ricerca. Dall’Italia potrebbe venir fuori una speranza in più per il bene dell’umanità.

Prof. Orazio Mainieri

* Università della Calabria

mercoledì 20 marzo 2013

Festa di Primavera e dell'albero


Domani  21 Marzo,  equinozio di Primavera, Massimo Gentile responsabile del Laboratorio di Fare Ambiente di San Giovanni in Fiore, ha organizzato, nell' Area del Parco comunale della scuola alberghiera, la “Festa di Primavera e dell'albero”. La giornata sarà dedicata al "rinverdimento" e all' educazione ambientale e vedrà presenti il Coordinatore Regionale di Fare Ambiente Avv. Antonio Iaconetti e dell'Assessore all'Ambiente del Comune di San Giovanni in Fiore Battista Benincasa,
Tale iniziativa, patrocinata dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha la finalità di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito all’importanza, dal punto di vista ambientale, del patrimonio arboreo e boschivo.
I responsabile e i soci di Fare Ambiente,  saranno presenti con un gazebo dalle 08:00 del mattino e distribuiranno gratuitamente a tutti i presenti dei sacchetti di plastica per la raccolta dei rifiuti che si produrranno durante la giornata. Nel corso della manifestazione verranno piantati degli alberelli di Abete Rosso sia all'interno del Parco che nel piazzale antistante il  centro diurno di aggregazione per persone diversamente abili, il Raggio di Sole.
La presenza dei ragazzi del centro- dichiara Iaconetti -  al fianco di Fare Ambiente riveste grande importanza e dà maggior significato a questo giorno di festa in cui l’uomo, custode della bellezza e della conservazione del creato e, la natura, sono gli unici protagonisti.

domenica 17 marzo 2013

I LIMITI DEL PIANETA TERRA




  di Orazio  Mainieri*

   Nel momento che si vuole fare un ragionamento sulle risorse del pianeta terra mi si consenta qualche cenno ad un argomento con cui, di solito,  avvio sempre la prima lezione dei miei corsi. Un accenno al Club di Roma.  Il Club di Roma fu fondato nell'aprile del 1968 dall'italiano Aurelio  Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King, insieme a premi Nobel, leader politici e intellettuali . Il nome del gruppo nasce dal fatto che la prima riunione si svolse a Roma, presso la sede dell’Accademia dei Lincei alla Farnesina. Nel 1972 uno studio del MIT(Massachusetts Institute of Technology) commissionato dal Club di Roma accese l'attenzione sulla scarsità del petrolio e sul limite dello sviluppo. Il rapporto "Limits to Growth"   dimostrava scientificamente al mondo l'esistenza del limite dovuto alla presenza di riserve petrolifere in quantità fissa e non incrementabile. Questo Rapporto sui limiti dello sviluppo, pubblicato nel 1972,  prediceva che la crescita economica non potesse continuare indefinitamente a causa della limitata disponibilità di risorse naturali, specialmente del petrolio. La crisi petrolifera del 1973  attirò ulteriormente l'attenzione dell'opinione pubblica su questo problema. In realtà le previsioni del rapporto riguardo al progressivo esaurimento delle risorse del pianeta erano tutte relative a momenti successivi all'anno 2000, ma il superamento della crisi petrolifera degli anni '70 contribuì alla nascita di una leggenda metropolitana, secondo cui le previsioni del Club di Roma non si sarebbero avverate.Nella pratica, l'andamento dei principali indicatori ha sinora seguito piuttosto bene quanto previsto nel Rapporto sui limiti dello sviluppo, e l'umanità è destinata a confrontarsi nei prossimi decenni con le conseguenze del superamento dei limiti fisici del pianeta. Un esempio di ciò è dato dal picco
 
di Hubbert. La teoria del picco di Hubbert (detta anche più brevemente picco di Hubbert) è una teoria scientifica proposta, nella sua formulazione iniziale nel 1956 dal geofisico americano Marion King Hubbert, riguardante l'evoluzione temporale della produzione di una qualsiasi  risorsa minerale o fonte fossile esauribile o fisicamente limitata. In particolare, l'applicazione della teoria ai tassi di produzione petrolifera risulta oggi densa di importanti conseguenze dal punto di vista geopolitico, economico e ingegneristico. La teoria permette di prevedere, a partire dai dati relativi alla "storia" estrattiva di un giacimento minerario, la data di produzione massima della risorsa estratta nel giacimento, così come  per un insieme di giacimenti o una intera regione. Il punto di produzione massima, oltre il quale, la produzione può soltanto diminuire, viene detto picco di Hubbert. Adesso è chiaro che studi di questo tipo(“Limits to Growth), possono anche presentare delle lacune o qualche imprecisione, ma, nella sostanza, evidenziano una realtà che tutti gli ecologisti seri devono tenere in grande considerazione, pur cercando di non ostacolare, ma anzi di accompagnare uno sviluppo, possibilmente, sostenibile. Non è pensabile che si  riesca a mantenere una crescita infinita, ma raggiunto un certo livello occorre cercare una qualche forma di stabilizzazione che non porti, come vorrebbero altri studiosi, a decrescite industriali rapide. Il discorso della decrescita è, al momento, pura dissertazione filosofica, perché i Paesi, soprattutto quelli emergenti non sarebbero assolutamente d’accordo. A questo punto i movimenti ecologistipossono solo accompagnare lo sviluppo cercando di limitare i danni all’ambiente.  E’ certo comunque che se non si prendono provvedimenti opportuni, come il ritorno veloce all’uso dell’energia nucleare con impianti di terza, quarta e anche quinta generazione, se verrà,  è sicuro che alla decrescita ci si arriverà per forza di cose, anche senza programmarla ed in modo violento.A partire dal 2030(forse anche prima) molte risorse naturali del pianeta cominceranno ad esaurirsi ed in pochi decenni tutti i popoli  saranno costretti ad adattarsi alla nuova realtà e finiremo per avere anche situazioni socialmente  drammatiche nelle Nazioni che adesso sono considerate  POTENZE INDUSTRIALI.  In questi Paesi  si avvierà inesorabilmente una spontanea  riduzione delle aree e delle possibilità di sviluppo industriale. Forse solo il riciclo delle materie  potrà attenuare questa terribile tendenza.

I  COMBUSTIBILI  FOSSILI.
 Lasciamo da parte tutti i minerali del mondo ed occupiamoci solo delle risorse con le quali si arriva alla fine ad avere energia e cioè dei combustibili fossili. Milioni di anni fa, resti di organismi (vertebrati, invertebrati, marini e di terraferma) rimasti sepolti sul fondo dei mari, di lagune e di laghi, andarono incontro a trasformazioni chimico-fisiche anaerobiche (in assenza di ossigeno) che permisero la conservazione dell'energia raccolta nelle proprie cellule durante la loro vita. 
Nel tempo questi fenomeni diedero origine ai giacimenti di petrolio e gas naturali che oggi sfruttiamo per bruciare in pochi istanti quella stessa energia (di origine solare) immagazzinata dalla Terra nel corso dei tempi geologici. Analogamente, la trasformazione delle spoglie di piante vissute in ere remote ha dato luogo a giacimenti di carbone, veri e propri magazzini di energia chimica. E' questa la ragione per cui tali combustibili si dicono "fossili".  Il lungo periodo di tempo ha nascosto nella crosta terrestre una preziosa risorsa. Preziosa perché è energia molto concentrata e facilmente disponibile che non farebbe danno se consumata poco per volta.  Per contro oggi, la massiccia combustione di queste risorse non rinnovabili sta causando  gravissimi problemi di inquinamento dell'atmosfera terrestre  e sta portando gli stessi all’esaurimento. Centinaia di milioni di anni per produrli, poche centinaia di anni per consumarli. Perciò lo studio che è venuto fuori grazie all’iniziativa del Club di Roma ha evidenziato, sostanzialmente, che fino al duemila avremmo avuto un periodo di vacche grasse, ma che dopo il duemila andando verso il 2050, decennio dopo decennio le vacche sarebbero state magre, cioè ci saremmo trovati oltre il picco di Hubbert.
 Qualche accenno alle riserve residue presunte. Cominciamo dal petrolio.   Oltrepassare il picco diHubbert della produzione petrolifera significa che tutte le nazioni della Terra messe insieme non potranno mai più estrarre dal terreno tanto petrolio quanto ne estraevano al momento del picco, quale che sia la domanda. Gli ultimi studi pongono al 2010 il picco del petrolio convenzionale. Ciò ha implicazioni straordinarie per la civiltà industriale fondata sul petrolio, basata sull'espansione costante e regolare di tutto: popolazione, prodotto interno lordo, vendite, profitti, turismo. Il superamento del picco della produzione petrolifera rappresenta, quindi,  una crisi economica senza precedenti che sconvolgerà le economie nazionali. Una volta superato quel punto l'offerta di petrolio diminuirà inesorabilmente, mentre il prezzo andrà…alle stelle. Come ho già detto la decrescita sarà rapida e nei fatti, senza alcun tipo di programmazione. Diamo qualche numero.
 L’OPEC, il cartello dei paesi produttori  aveva deciso di assegnare le quote di produzione ai vari Paesi in proporzione alle riserve esistenti. Più erano grandi più si poteva produrre e vendere. Gli   Stati petroliferi ben presto hanno cominciato a dichiarare riserve gonfiate, così le riserve sono aumentate a dismisura ed in maniera poco credibile. Questo magico petrolio poi non si esaurisce mai. Anche se la produzione ha da tempo superato le nuove scoperte, per esempio,  il Kuwait afferma di avere le stesse riserve che aveva nel 1985, avendone scoperte altre! Per avere una risposta credibile ci rivolgiamo allora alla US Geological Survey,  secondo i loro dati nel 1981 avevamo 1.719 miliardi di barili di petrolio, nel 2.000 ne avevamo 2.659. Però le scoperte di nuovi giacimenti hanno raggiunto il loro massimo nel 1964. Da dove sono usciti fuori le maggiori riserve? Atteniamoci ai dati Enea  del 2005 indicativamente, e cioè un consumo annuo di 84 Mb/g, riserve di 1300 miliardi di barili e riserve per 42,5 anni. Insomma si hanno riserve di petrolio per 40 anni e forse anche meno, dipende da come evolveranno i consumi in futuro.                                          Vediamo la situazione del gas combustibile. Attualmente questo pregiatissimo combustibile è molto usato in Italia soprattutto per la produzione di energia elettrica(45,27%) e rappresenta il tallone di Achille del nostro sistema energetico, sia perché lega il sistema elettrico a delle semplici tubazioni che possono facilmente essere interrotte, mandando in black-out il sistema stesso, e sia perché il suo prezzo è collegato a quello del petrolio dissanguando così le nostre modeste casse.   Certo, l’ammontare delle riserve mondiali di gas non sembra evidenziare imminenti problemi di scarsità o di declino della produzione   Tuttavia, analogamente al caso del petrolio, la ripartizione delle riserve sembra favorire, in prospettiva, una concentrazione della produzione nei paesi  del Medio Oriente e in quelli dell’ex-Unione Sovietica. Sempre attingendo indicativamente a dati Enea, come sopra, abbiamo riserve per 178.000 miliardi di metri cubi. Con un consumo annuo mondiale di 2.670 miliardi di metri cubi si hanno riserve per altri 67 anni circa.                                                               Ci resta di parlare del carbone.  A differenza degli altri due il carbone è fortunatamente meglio diffuso sul pianeta ed in quantità maggiore. Questo per i Paesi industriali è un grosso punto di vantaggio. D’altro canto scarica, a parità di potenza, il 25% in più di anidride carbonica rispetto al petrolio ed il 45% in più rispetto al gas naturale. L’utilizzo prevalente del carbone è legato alla generazione d’energia elettrica; in alcuni paesi è diffuso l’uso del carbone nel settore industriale (soprattutto siderurgico), mentre in Cina è forte anche la domanda proveniente dal settore residenziale per il riscaldamento degli ambienti. La necessità di una maggiore diversificazione delle fonti d’approvvigionamento, la ricerca di fonti energetiche meno costose   in una fase di prezzi energetici crescenti hanno favorito il ricorso al carbone anche in  Paesi piuttosto attenti ai problemi ambientali.                                                                                                                                Contrariamente alle attese, queste ragioni e lo sviluppo di tecnologie pulite per l’utilizzo del carbone nella generazione elettrica,  non sono stati sufficienti a far sì che i consumi di carbone aumentassero in Europa, dove subiscono una leggera contrazione da un paio di anni.              Comunque sempre guardando gli stessi dati Enea abbiamo quantità accertate per 788.000 milioni di tonnellate. Con un consumo annuo di 4.800 milioni di tonnellate all’anno si arriva ad avere riserve per altri 164 anni.   In conclusione, per petrolio, gas naturale e  carbone ne abbiamo, se realtà e previsioni coincidono, per 42, 67 e 164 anni, ma potrebbero anche diventare 33, 53  e  151. Dopodiché ripiombiamo nel solo rinnovabile e buona notte.
LE  RISORSE  URANIFERE.

 Tutto quanto abbiamo espresso finora evidenzia la pericolosità della situazione energetica italiana, fortemente dipendente dai combustibili fossili. Si potrebbe dire che siamo stati e siamo prigionieri di questi combustibili. Nel passato l’irresponsabilità politica di chi ci governava ci ha consegnato mani e piedi ai combustibili fossili. Siamo stati buttati nelle mani dei petrolieri senza ritegno, senza un minimo di autocritica  successiva. Di quella che è stata definita prima Repubblica e che è stata spazzata via da uno scandalo di semplici finanziamenti illeciti dei partiti, sembra strano ma il vero scandalo è stato acconsentire l’annullamento del programma di costruzione delle Centrali Termoelettriche a Uranio(CTU) e fermare le centrali a uranio in funzione.. Per dare una idea del problema: in quello scandalo si parlava di poche decine di milioni di euro di tangenti. Per l’affossamento del  nucleare in Italia il danno è stato di decine di miliardi di euro. Diamo un giusto peso alle cose. Questo è stato il vero scandalo, altro che “tangentopoli” che è “piccolo”scandalo.
 Ma parliamo di queste risorse uranifere perché, acquisita l’elevata sicurezza delle centrali di terza generazione, l’obiezione più comune è che anche l’uranio è non rinnovabile e quindi destinato a finire anch’esso. Questo non è propriamente vero. Meglio dire che è vero in parte.
 Innanzitutto ricordiamo che l’uranio in natura è per lo più uranio 238 con un 0,7% di uranio 235 che è quello fissile, cioè quello che fissionandosi, dopo aver assorbito un neutrone, libera energia termica.  L’ uranio 235 al 3-7% nell’uranio complessivo, dopo arricchimento, è destinato all'utilizzo come combustibile delle centrali nucleari a fissione.
 Ebbene esaminiamo il fabbisogno mondiale di uranio nel 2006(fonte IAEA- Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica- 2007). Il fabbisogno totale è stato di 66.529 tonnellate. Le risorse minerarie esistenti sono a 14,4 milioni di tonnellate(Mt). Poi si hanno, dai negoziati di disarmo, altri 1.842 t di uranio ad alto arricchimento e circa 500 t di plutonio(dati CISAC 2005). Perciò all’attuale tasso di utilizzazione solo per le risorse minerarie ne abbiamo per 70 anni. Per risorse minerarie e altre risorse esistenti(MOX), che sono ossidi misti di uranio e plutonio si può arrivare a 360 anni. Queste considerazioni dovrebbero tranquillizzare chi allarma la gente parlando di proliferazione a scopo bellico. In realtà si sta verificando il fenomeno opposto e cioè quello di utilizzare il plutonio prodotto per motivi bellici come combustibile nei reattori nucleari. Infine bisogna ricordare che usando le risorse minerarie nei reattori veloci  questo “combustibile” diventa quasi “rinnovabile” e il tempo di durata arriva a superare i 4.000 anni. Quindi energia nucleare subito, perché pulisce l’ambiente e ne abbiamo, con i reattori veloci di quarta generazione, per migliaia di anni. L’umanità potrà così respirare un po’, in termini energetici intendo.Allungheremo i limiti del pianeta, perché questo pianeta, lavorando in ambito non rinnovabile, arriverà ai suoi limiti energetici in pochi decenni. Il Club di Roma ha solo evidenziato questo. I movimenti ecologisti ne devono prendere atto e regolarsi di conseguenza.
 Due parole sui reattori veloci ricordando che nei miei scritti cerco sempre di parlare a gente comune che vogliono capire.   Cosa sono i reattori detti veloci?
Si tratta di reattori privi di moderatore e che sfruttano neutroni veloci(> 100 kev). La caratteristica principale consiste nell'auto-sostentamento con produzione da parte dei reattori di materiale fissile (plutonio) in quantità maggiore a quella consumata. Vengono detti reattori Fbr (Fast Breeder Reactors). In questi reattori il flusso di neutroni veloci, prodotto dalle reazioni nucleari del nucleo di plutonio, viene assorbito da uno strato di uranio 238 che si trasforma in plutonio. Questo viene poi riprocessato e rimesso nel nucleo del reattore. In questo modo il Fbr trasforma l'uranio 238 in un combustibile nucleare  fissile. Le modalità.
L'uranio ha due isotopi principali, il 235 ed il 238.  Se l' uranio 235, per esempio in una pila atomica, viene colpito da un neutrone, si spacca ed emette altri neutroni, che  possono  iniziare una "reazione a catena".  Se invece il neutrone si "pianta" dentro un nucleo di uranio 238, non lo rompe, ma viene catturato.  L'uranio diventa U 239, poi Nettunio 239 con un’emissione beta, poi plutonio 239 dopo altra emissione beta. Il peso atomico resta 239, mentre il numero atomico passa da 92 a 94. Abbiamo a disposizione un altro nucleo fissile. Esiste un tempo di raddoppio, cioè quanti anni di funzionamento del reattore sono necessari perché la quantità di nuovo combustibile fissile prodotto sia doppia rispetto a quello bruciato nello stesso tempo: di solito sono 15-20 anni di funzionamento. In questo caso la ricerca è indirizzata ai nuovi combustibili avanzati allo scopo di diminuire proprio i tempi di raddoppio. A questo punto il combustibile esaurito viene processato, cioè si separa il Plutonio prodotto dai residui di fissione e si riesce, così,  ad alimentare un nuovo reattore. E’ un processo meraviglioso che utilizzato per scopi pacifici, ci darà energia per migliaia di anni anche dopo che si sarà perduto il ricordo dei combustibili fossili, ma bisogna stare dentro il nucleare di terza generazione se si vuole arrivare alla quarta.
Bisogna tornare, quindi, rapidamente all’uso del “fuoco di Fermi”(la fissione dell’uranio).  Riprendere il posto che ci spetta fra le Nazioni più progredite. Riempire lo spaventoso vuoto che si è formato  ricreando una   classe di nuovi tecnici esperti nel campo nucleare e nella fisica sanitaria, ma soprattutto dare all’Italia un futuro energetico, che adesso non c’è.
*Responsabile Settore Energia Fare Ambiente                                                                                         Docente di “Centrali Termoelettriche” all' Università della Calabria
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sabato 9 febbraio 2013

PDL bocciato




Il PDL Calabrese va bocciato in toto sulle tematiche ambientaliste, dichiara Antonio Iaconetti, Coordinatore Regionale di Fare Ambiente. Ieri, nel corso di un dibattito sulle emergenze ambientali, organizzato da Alleanza Ecologica, con la quale nei prossimi giorni valuteremo se iniziare un percorso comune, sono intervenuti  autorevoli e stagionati politici del Popolo della Libertà.
Ci sentiamo di dire che gli interventi sul tema sono stati alquanto deludenti sia in termini di conoscenza dei problemi che sulle proposte per risolvere problematiche che vanno dall’ emergenze rifiuti al dissesto idrogeologico.
La cosa, come ambientalisti del fare ci lascia un po’ perplessi, poiché chi si candida al governo del paese non può ignorare le tematiche legate all’ambiente, intimamente legate al concetto di qualità della vita ed alla di green economy, concetti, questi che caratterizzano e condizionano le politiche di tutti i grandi paesi evoluti e non, i quali vedono nell’ambiente una risorsa per il superamento di una crisi economica che diventa sempre più globale.
Pertanto, il giudizio che ci sentiamo di esprimere, conclude Iaconetti, è alquanto  negativo: PDL Calabrese bocciato sui temi dell’ambiente.
Cosenza, 09.02.2013

Dal Coordinamento Regionale Fare Ambiente

sabato 2 febbraio 2013

Elezioni, grande assente la politica

La campagna elettorale appena iniziata sembra già finita,
dichiara Antonio Iaconetti, coordinatore regionale di Fare
Ambiente.
Grande assente è la Politica, quella che si basa sul
confronto e sul contatto con la gente.
E’ importante stare  tra la gente e con la gente perché,
solo così, si è in grado di conoscere le necessità ed
i problemi reali del territorio.
Qualcuno pensa, continua Iaconetti, che essere in posizione
utile per essere eletti lo esonera dal dare risposte serie e
concrete.
Fare Ambiente non darà i propri voti nè per ideologia
nè per simpatia, ma solo a quella formazione politica che
più di ogni altra saprà interpretare la tematica
ambientale e ad oggi, a poco meno di un mese dal voto, i
temi della salvaguardia ambientale e dello sviluppo
sostenibile rimangono fuori dal dibattito politico.
La nostra regione, conclude Iaconetti, fuori dai grandi
circuiti economici potrà trovare in questo le ragioni del
proprio sviluppo organicamente inteso come un unicum
omogeneo tra natura, bellezze paesaggistiche e beni
culturali.
Noi la pensiamo diversamente e perciò chi vuole il nostro
consenso ci conquisti con proposte serie e concrete.
Cosenza, 02.02.2013
Dal Coordinamento Regionale Fare Ambiente

Elezioni, grande assente la politica

La campagna elettorale appena iniziata sembra già finita,
dichiara Antonio Iaconetti, coordinatore regionale di Fare
Ambiente.
Grande assente è la Politica, quella che si basa sul
confronto e sul contatto con la gente.
E’ importante stare  tra la gente e con la gente perché,
solo così, si è in grado di conoscere le necessità ed
i problemi reali del territorio.
Qualcuno pensa, continua Iaconetti, che essere in posizione
utile per essere eletti lo esonera dal dare risposte serie e
concrete.
Fare Ambiente non darà i propri voti nè per ideologia
nè per simpatia, ma solo a quella formazione politica che
più di ogni altra saprà interpretare la tematica
ambientale e ad oggi, a poco meno di un mese dal voto, i
temi della salvaguardia ambientale e dello sviluppo
sostenibile rimangono fuori dal dibattito politico.
La nostra regione, conclude Iaconetti, fuori dai grandi
circuiti economici potrà trovare in questo le ragioni del
proprio sviluppo organicamente inteso come un unicum
omogeneo tra natura, bellezze paesaggistiche e beni
culturali.
Noi la pensiamo diversamente e perciò chi vuole il nostro
consenso ci conquisti con proposte serie e concrete.
Cosenza, 02.02.2013
Dal Coordinamento Regionale Fare Ambiente

Elezioni, grande assente la politica

La campagna elettorale appena iniziata sembra già finita,
dichiara Antonio Iaconetti, coordinatore regionale di Fare
Ambiente.
Grande assente è la Politica, quella che si basa sul
confronto e sul contatto con la gente.
E’ importante stare  tra la gente e con la gente perché,
solo così, si è in grado di conoscere le necessità ed
i problemi reali del territorio.
Qualcuno pensa, continua Iaconetti, che essere in posizione
utile per essere eletti lo esonera dal dare risposte serie e
concrete.
Fare Ambiente non darà i propri voti nè per ideologia
nè per simpatia, ma solo a quella formazione politica che
più di ogni altra saprà interpretare la tematica
ambientale e ad oggi, a poco meno di un mese dal voto, i
temi della salvaguardia ambientale e dello sviluppo
sostenibile rimangono fuori dal dibattito politico.
La nostra regione, conclude Iaconetti, fuori dai grandi
circuiti economici potrà trovare in questo le ragioni del
proprio sviluppo organicamente inteso come un unicum
omogeneo tra natura, bellezze paesaggistiche e beni
culturali.
Noi la pensiamo diversamente e perciò chi vuole il nostro
consenso ci conquisti con proposte serie e concrete.
Cosenza, 02.02.2013
Dal Coordinamento Regionale Fare Ambiente

Elezioni, grande assente la politica

La campagna elettorale appena iniziata sembra già finita,
dichiara Antonio Iaconetti, coordinatore regionale di Fare
Ambiente.
Grande assente è la Politica, quella che si basa sul
confronto e sul contatto con la gente.
E’ importante stare  tra la gente e con la gente perché,
solo così, si è in grado di conoscere le necessità ed
i problemi reali del territorio.
Qualcuno pensa, continua Iaconetti, che essere in posizione
utile per essere eletti lo esonera dal dare risposte serie e
concrete.
Fare Ambiente non darà i propri voti nè per ideologia
nè per simpatia, ma solo a quella formazione politica che
più di ogni altra saprà interpretare la tematica
ambientale e ad oggi, a poco meno di un mese dal voto, i
temi della salvaguardia ambientale e dello sviluppo
sostenibile rimangono fuori dal dibattito politico.
La nostra regione, conclude Iaconetti, fuori dai grandi
circuiti economici potrà trovare in questo le ragioni del
proprio sviluppo organicamente inteso come un unicum
omogeneo tra natura, bellezze paesaggistiche e beni
culturali.
Noi la pensiamo diversamente e perciò chi vuole il nostro
consenso ci conquisti con proposte serie e concrete.
Cosenza, 02.02.2013
Dal Coordinamento Regionale Fare Ambiente

lunedì 28 gennaio 2013

Trasmutazioni nucleari a bassa energia: la fusione fredda




di Orazio Mainieri *
La fusione fredda (o fusione nucleare fredda o fusione a freddo - in inglese: cold fusion) è la definizione generalmente usata per indicare reazioni nucleari prodotte a temperature e pressioni molto ridotte in confronto a quelle utilizzate per creare la fusione nucleare calda(come nel Sole). 

Ultimamente si tende ad usare sempre più spesso il termine LENR (Low Energy Nuclear Reactions), poiché molti degli esperimenti effettuati nel campo rientrano nel settore delle reazioni nucleari a bassa energia. I pionieri della Cold Fusion sono i ricercatori Martin Fleischmann e Stanley Pons, che nel 1989 suscitarono molto scalpore con una conferenza stampa dove annunciarono di essere riusciti ad ottenerla. Queste nuove teorie suscitarono interesse anche in Italia, dove furono riprese inizialmente da Giuliano Preparata(Padova, 10 marzo1942 – Frascati, 24 aprile 2000), docente di fisica nucleare all'Università di Milano che elaborò la sua "teoria coerente sulla fusione fredda".  Sin dagli inizi, però, le teorie sull'ottenimento di energia tramite fusione fredda hanno incontrato molte perplessità, discussioni e scetticismo. I suoi sostenitori sono convinti che si possano ottenere gli stessi risultati della fusione calda, ma con un dispendio estremamente minore di costi ed energia grazie allo sfruttamento di una poco chiarita azione da parte di un catalizzatore, quale ad esempio il palladio. Il procedimento tramite cui questo è possibile (a dire il vero non  ancora del tutto chiarito) comprende l'utilizzo di questo catalizzatore, che svolgerebbe la funzione di avvicinare i nuclei di deuterio e trizio a distanze tali da scatenare la fusione e creare energia. Nel tempo si sono sviluppate diverse tecnologie per ottenere la fusione nucleare fredda. Sempre nel 1989, Francesco Piantelli (biofisico presso l'Universita' degli Studi di Siena), riscontrò una inaspettata produzione di calore durante un esperimento su campioni dimateriale organico. Di comune accordo con Sergio Focardi (fisico presso l'Università di Bologna), decisero di creare un team per capire la provenienza di tale reazione. I risultati ottenuti consentirono di costruire nel giro di tre anni un reattore nichel-idrogeno. Gli studi non si fermarono, e dopo altri due anni, nel febbraio del 1994, nel corso di una conferenza stampa tenutasi nell'aula magna dell'Università di Siena, venne resa pubblica la creazione di un innovativo processo di produzione di energia tramite Reazioni Nucleari a Bassa Energia (comunemente chiamate LENR). L'uso della terminologia è particolarmente importante in questo caso, poiché Focardi e Piantelli sottolinearono come il loro metodo differiva profondamente da quello precedentemente ideato da Fleischmann e Pons (ossia tramite la fusione fredda). Infatti, Focardi e Piantelli sostennero che nel loro processo potrebbero verificarsi reazioni di tipo nucleare ancora sconosciute, molto probabilmente senza elementi comuni a quelli presenti nella cella con  deuterio e palladio di Fleischmann e Pons. 
Il procedimento Piantelli-Focardi consisteva nel mantenere una barra di nichel ad una temperatura di circa 200-400 °C  tramite una resistenza elettrica, e caricata con idrogeno attraverso un procedimento particolare (i dettagli del protocollo sono descritti in diverse pubblicazioni di Piantelli e Focardi). La prova di una possibile origine nucleare del fenomeno è costituita dall'emissione (anche discontinua o debole) di raggi gamma dalla barretta di nichel che, una volta innescata la reazione, emette più energia di quanto ne servirebbe per il suo stesso riscaldamento. A riprova della loro tesi gli autori pubblicarono diversi articoli in merito. 
Nel 1996 i ricercatori del CERN di Ginevra, sotto la guida di Antonino Zichichi, hanno provato a replicare l'esperimento, e la loro conclusione non ha confermato la tesi di una natura nucleare del fenomeno. Passiamo alle ricerche dell'Enea(acronimo dell'Ente per le nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente)su questo argomento. I ricercatori dell’ Enea hanno redatto nel 2002 un dossier molto approfondito: il rapporto 41, che attestò nero su bianco l’over-unit energetica prodotta dalla fusione fredda di Fleischmann e Pons, con il ricavo di più energia di quanta ne veniva consumata per innescare e mantenere in funzione il processo. Vennero anche verificati l’effettiva trasmutazione della materia e dunque che fosse avvenuta realmente una reazione nucleare.Nonostante questo, i risultati della clamorosa indagine scientifica caddero rapidamente nel dimenticatoio mediatico per essere definitivamente insabbiati dai più alti responsabili dello stesso Enea. Il team di studiosi composto da Antonella De Ninno, Emilio del Giudice e Antonio Frattolillo, si vide togliere improvvisamente dalle mani il progetto su cui stavano lavorando con ottimi risultati, senza ottenere alcun tipo di riconoscimento. Lo scopo del test era quello di verificare se, in accordo con la teoria elaborata dal prof. Giuliano Preparata, si trattava realmente di un processo di natura nucleare e se vi era il guadagno energetico misurato da Fleischman e Pons. La richiesta di fare chiarezza sulla fusione fredda proveniva dal premio Nobel Carlo Rubbia che poi si disinteresso stranamente degli esiti della ricerca. I risultati ottenuti da tutti questi ricercatori italiani dell'Enea furono interessanti, ma non vi fu un seguito concreto. Probabilmente l’Enea avrà agito per difendere parte dei suoi stessi interessi, per evitare di raccogliere un fallimento a livello internazionale per via di un progetto che richiedeva troppi anni per cominciare a dare i suoi frutti nonostante i modesti mezzi da impiegare per continuare la ricerca.  Così si è lasciato ad altri il rischio della sperimentazione e dell'eventuale fallimento delle ricerche. Nel maggio 2008  Yoshiaki Arata, uno dei padri della fusione nucleare calda nipponica, insieme alla collega Yue-Chang Zhang, ha mostrato pubblicamente ad Osaka un reattore funzionante con pochi grammi di palladio. Ora se il successo di questi esperimenti sia dovuto alla fusione fredda o piuttosto ad una forma ancora non conosciuta di sviluppo di energia, è oggetto di controversie. Si vedrà.  Passiamo all'anno 2011. Entrano in campo altri soggetti che portano all'attenzione del pubblico altri esperimenti come l'E-Cat dell'Ing. Andrea Rossi(esperimenti iniziati nel 2007). Devo premettere che SE la scoperta fosse vera e quindi ci fosse la possibilità di avere grosse quantità di energia a poco prezzo, avremmo  una vera rivoluzione. Si potrebbe realizzare il sogno del grande scienziato serbo  Nicola Tesla (Smiljan, 10 luglio 1856 – New York, 7 gennaio 1943)  e cioè avere energia, a poco prezzo,  per tutti. Ma andiamo avanti. Giuseppe Levi, fisico nucleare dell' INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare)ha ipotizzato che l'apparecchio presentato  a Bologna dall'Ing. Andrea Rossi, indicato come "Catalizzatore di Energia" o E-Cat, possa  funzionare grazie ad un procedimento simile alla fusione fredda con Nichel e Idrogeno. La macchina  presentata da Andrea Rossi, negli aspetti resi  noti, sembra  funzionare in maniera del tutto simile a quella creata da Piantelli e Focardi, anche se buona parte dei dettagli del funzionamento sono tenuti tuttora segreti da Rossi per motivi di  assenza del brevetto e relativa  protezione della proprietà industriale. A livello internazionale, infatti, il brevetto non è stato  ancora ottenuto, ma in Italia ne è stato  rilasciato uno nell'aprile del 2011. Nel marzo del 2011, alla presenza di prestigiosi ricercatori di fama internazionale come Sven Kullander (professore emerito presso l'Università di Uppsala) e Hanno Essén (professore associato di fisica teorica e docente presso il Royal Institute of Technology svedese), si è svolta una dimostrazione del funzionamento dell'E-cat  riempendo il reattore con idrogeno a una pressione di circa 25 bar. Il reattore, secondo Rossi, era caricato, anche, con 50 grammi di polvere di nickel.  A conclusione dell'esperimento i due illustri studiosi hanno affermato che nessun procedimento chimico avrebbe potuto generare tali quantità di energia. Altre dimostrazioni si sono tenute nell'aprile del 2011. Quindi, riassumendo, nel caso dell‘ E-Cat il fenomeno energetico si produce a partire da un riscaldamento del nucleo del dispositivo. Il calore fornito dall’ esterno serve ad innescare la reazione nel sistema nichel, in polvere nano metrica, e idrogeno in gas a pressione, più qualcosa ancora, al momento segreta, contenuto nel nucleo. Questo modesto calore iniziale viene dato da una semplice resistenza elettrica, che fornisce una temperatura al nucleo del reattore dell’ E-Cat dell’ ordine di solo qualche centinaio di gradi Celsius. L'E-Cat produce l'energia da reazioni LENR che utilizzano, quindi, il nichel e l'idrogeno per dare, come sottoprodotto, rame in forma stabile e, soprattutto, raggi gamma di bassa energia, dunque facilmente schermabili (e pertanto non pericolosi) ed in grado di riscaldare il reattore, che può in teoria auto sostenersi. Queste reazioni sono esotermiche, il che significa che producono energia in eccesso: il contenuto energetico del rame, infatti, è inferiore al contenuto energetico del solo nichel e idrogeno messi insieme.  E' chiaro che si parla di fusione fredda, ma solo perché quella calda avviene alle temperature del sole. Infatti la temperatura, in questo reattore, può anche arrivare a valori più alti di qualche centinaio di  °C, ma sempre limitati. Nel caso di questo processo, però, non si ha assolutamente la produzione di radioattività pericolosa e nociva, ma solo come detto, di raggi gamma a bassa intensità, facilmente schermabili con del piombo, e quindi resi assolutamente innocui, ma sufficiente a riscaldare l'acqua di un circuito che attraversa l'E-Cat. Il COP va da 6 in su. Il coefficiente di prestazione (COP) è un'espressione usata per l'efficienza di una pompa di calore, ma può essere usata anche in questo caso per dire che la potenza termica in uscita dall'E-Cat è almeno 6 volte superiore all'energia in entrata per attivare la fusione. La similitudine finisce qui. In media l'energia elettrica assorbita in un'ora da un E-Cat da 1 MW termico alimentato elettricamente è di 0,167 MWh, mentre quella prodotta è di 1 MWh. In un giorno esse salgono, rispettivamente a 4 MWh elettrici assorbiti e 24 MWh termici prodotti. Ad oggi la Prometeon Srl è l’unica licenziataria italiana dell'invenzione dell'E-Cat. Questa Società ha, quindi, l’esclusiva per l’Italia dellavendita dell’E-Cat. I programmi del licenziatario: si è previsto che la prima generazione di E-Cat industriali potrà fornire calore sotto forma di acqua calda o vapore fino a 120 °C, con alimentazione elettrica oppure direttamente a gas (molto più conveniente). La seconda generazione di E-Cat industriali(potenza nominale uguale a 1 MW termico), in fase di sviluppo avanzato, potrà fornire calore fino ad alte temperature (almeno 600°C) e dunque sarà utilizzabile, volendo, anche per produrre energia elettrica (eventualmente in cogenerazione) accoppiando il generatore termico a una turbina. La prima generazione, invece, di prodotti domestici non sarà disponibile sul mercato europeo prima della primavera 2015, dopo il rilascio della necessaria certificazione da parte degli organismi competenti. Problema “combustibile”. Il combustibile sarebbe contenuto in cartucce facili da sostituire, che ricordano per molti versi il toner di una stampante laser. Ogni singolo modulo dell'E-Cat sarà dotato della sua cartuccia, nella quale oltre al combustibile sarà contenuto il reattore stesso, per cui gli eventuali suoi perfezionamenti verranno implementati al cambio-cartuccia con il più facile degli upgrade. La durata minima di una cartuccia, in caso di utilizzo h24 dell'E-Cat, dovrebbe essere di 6 mesi, pertanto negli apparecchi industriali ne sarà prevista la sostituzione due volte l'anno. Negli E-Cat industriali, la sostituzione delle cartucce avverrebbe contestualmente alla manutenzione ordinaria programmata, e non sarà necessario prevedere alcun "fermo macchina": infatti, quando un singolo modulo E-Cat verrà disattivato per permettere la sostituzione, verrà attivato un modulo "dormiente" che lo sostituirà. Analogamente, se uno dei moduli esaurisse il combustibile prima del previsto, se ne attiverebbe uno dormiente per garantire sempre il 100% della potenza nominale. Problema sicurezza. Se la reazione va fuori controllo, la temperatura all'interno del reattore sale oltre i valori normali di funzionamento. Quando nel reattore si raggiunge una temperatura eccessivamente elevata, si ha la fusione della polvere di nichel contenuta nel reattore stesso, che in pratica diventa liquida, arrestando di conseguenza la reazione, che per avvenire necessita di nichel in polvere. Pertanto, l'E-Cat godrebbe di una sicurezza intrinseca, cui si aggiungono naturalmente altri sistemi di controllo attivi e passivi. Inoltre, il certificatore, ha proibito l'uso diretto dell'energia termica prodotta dall'E-Cat per auto sostenere il reattore evitando “ritorni” pericolosi. Per la Ditta fornitrice(vedi sito internet), nel caso di un E-Cat elettrico stand-alone, il tempo di rientro dell'investimento per una centrale elettrica che sfrutti questo tipo di tecnologia sarebbe di 3-4 anni al massimo, mentre nel caso di un E-Cat termico,alimentato elettricamente e utilizzato per gran parte dell'anno, il tempo di rientro sarebbe di 3-5 anni. Tutti dati da verificare, ovviamente, sul campo. Il dispositivo creato da Rossi sembrerebbe, attualmente, il modo più economico per produrre energia  senza creareinquinamento. Mi preme evidenziare l’uso del condizionale. Bisogna sempre sottolineare, per completezza, che questo tipo di fenomeni non sono ancora completamente compresi, specialmente usando le categorie della fisica così come la conosciamo oggi, anzi, questa fisica, al momento, non li considererebbe neppure possibili, in queste condizioni operative di temperature relativamente basse  A noi, per il momento, basta che l’ E-Cat funzioni, che sia sicuro, e che ci dia energia, economica e pulita! Ci sarà tempo in seguito per studiare e capire più a fondo il fenomeno fisico, magari grazie ad un nuova fisica dell’ energia. A questo punto dobbiamo solo aspettare senza farci particolari illusioni. Penso infatti che se il sistema funziona bene, prima o poi, sfonderà nel mercato energetico. Non credo a possibili teorie complottistiche che possano bloccare una scoperta veramente valida. Comunque le ricerche, in questo campo, vanno avanti e noi le seguiremo con attenzione, sperando che il sogno di Nikola Tesla possa diventare realtà.


Responsabile Settore Energia di FareAmbiente

venerdì 25 gennaio 2013

Sybaris, un sito da salvare


Una terra che non ha cura della storia del proprio passato è una terra senza memoria che non ha futuro.

E’ veramente desolante, dichiara Antonio Iaconetti coordinatore regionale di FareAmbiente- assistere a quanto sta accadendo all’antica Sybaris, ricoperta da una coltre di acqua e melma.

L’incuria e la scarsa attenzione prestata al territorio, come spesso accade nella nostra regione, hanno contribuito all’annunciato disastro che come sempre poteva essere evitato se solo si fosse avuta più cura del territorio ed attuato una più attenta politica, tanto a livello regionale che provinciale,  di tutela dei fiumi che rappresentano una risorsa inestimabile per quella zona vocata naturalmente all’agricoltura.

Mi rivolgo, continua Iaconetti, alle istituzioni competenti affinchè si adoperino immediatamente e fattivamente per ridare splendore a un bene inestimabile valore storico e culturale, testimone della nostra storia passata ma risorsa indispensabile per l’economia della sibaritide che tempo fa avevamo proposto all’UNESCO, di annoverarla tra i beni patrimonio dell’umanità.

Quanto accaduto a Sibari, conclude Iaconetti, deve mettere in allarme e suggerirci di attuare interventi mirati alla messa in sicurezza di tutti quei territori a rischio,  affinchè, oltre allo scempio non si debba assistere ad eventi ben più tragici.

Cosenza, 25.01.2013

Dal coordinamento Regionale

mercoledì 16 gennaio 2013

Calabria: Fare Ambiente promuove la candidatura di Antonio Iaconetti


I coordinatori provinciali della Calabria di Fare Ambiente hanno rivolto un appello ai rappresentanti dei partiti della coalizione di centrodestra affinché
inseriscano nelle liste per le elezioni parlamentari alla Camera o al Senato, in posizione utile, il coordinatore regionale del Movimento Ecologista Europeo Antonio Iaconetti.

La flessione delle attività turistiche, la crisi del settore ittico, il dissesto idrogeologico con tutte le ripercussioni in termini di danni e di costi sociali, sono tutte conseguenze della pessima ed irresponsabile gestione del territorio e del paesaggio che invece per i calabresi rappresenta una risorsa autentica, un patrimonio inestimabile da valorizzare.
Siamo convinti che Antonio Iaconetti saprà cogliere l’importanza strategica della tutela ambientale per la Calabria e portarla all’attenzione delle istituzioni nazionali>.

L’appello è stato sottoscritto dai seguenti coordinatori di Fare Ambiente Calabria:
Nadia Grande – Reggio Calabria
Giacomo Curigliano – Vibo Valentia
Maria Francesca Salvati – Crotone
Aurelio Longo – Responsabile giovani
Enzo Iapichino – Coordinatore area della sibaritide
Antonio Manno - Catanzaro
Vito Fragale - Cosenza

martedì 15 gennaio 2013

ELEZIONI: FARE AMBIENTE, SERVE PRESENZA CANDIDATI ECOLOGISTI

ELEZIONI: FARE AMBIENTE, SERVE PRESENZA CANDIDATI ECOLOGISTI
IACONETTI, NUOVO GOVERNO ASSUMA RESPONSABILITA' SCELTE PROGRESSO
CATANZARO
(ANSA) - CATANZARO, 15 GEN - ''Il prossimo governo nazionale dovra' assumersi la responsabilita' di compiere scelte di progresso in grado di garantire al Paese uno sviluppo sostenibile''. E' quanto afferma, in una nota, Antonio Iaconetti, coordinatore regionale di Fare Ambiente e componente della Direzione nazionale del Movimento ecologista europeo.
''Dovra' coniugare - prosegue - la necessita' di accelerare il processo di crescita economica dell'Italia con la salvaguardia dell'ambiente; dovra' gestire la realizzazione di importanti infrastrutture, vitali soprattutto nel Mezzogiorno, senza perdere di vista la difesa del territorio; dovra' promuovere e sostenere l'industria turistica con la piu' ampia valorizzazione dei tanti siti di interesse paesaggistico e storico-culturale di cui disponiamo garantendo al tempo stesso la loro tutela. Per questo sara' determinante la presenza tra i banchi del Parlamento di esponenti del Movimento ecologista europeo Fare Ambiente, organizzazione che ha sempre con coerenza sostenuto l'adozione di un progetto di sviluppo equo e sostenibile nel rispetto dell'ambiente e della tutela dei valori e delle culture''.
''Non e' frenando il cammino della civilta' che si difende il nostro ecosistema - aggiunge
Iaconetti - al contrario, la ricerca scientifica, l'innovazione tecnologica, sono gli strumenti da mettere in campo per operare nei settore dell'energia, dello smaltimento dei rifiuti, dell'edilizia e della costruzione di nuove infrastrutture, senza mettere a repentaglio la salute del nostro habitat naturale. Questi principi sono la stella polare che anima la nostra attivita', il punto di approdo delle politiche per la salvaguardia del territorio''.
''Per questo - conclude - auspichiamo che all'interno delle liste dei candidati possano trovare spazio anche rappresentanti di Fare Ambiente, che sapranno promuovere e stimolare l'iniziativa legislativa sui tanti, delicati temi che implicano questioni di carattere ambientale''. (ANSA).
COM-ATT/MED
S45 QBXU

giovedì 10 gennaio 2013

FareAmbiente: Rafforzare e allargare una presenza ambientalista del centrodestra in parlamento

Roma.“In un momento così delicato per l'economia italiana, esiste pericolo che le tematiche ambientali vengano relegate in second'ordine con serio rischio per il territorio e per la salute pubblica, per cui è necessario rafforzare e allargare la presenza degli ambientalisti in parlamento, specialmente dei sostenitori di un ambientalismo responsabile e sostenibile”.
Questo l'appello del comitato scientifico di FareAmbiente – Movimento ecologista europeo al presidente e al segretario del pdl Silvio Berlusconi e Angelino Alfano.
Inoltre, proprio dalle tecnologie 'green' possono venir fuori nuove opportunità di lavoro e di sviluppo per l'economia italiana, basti pensare all'opportunità per l'industria automobilistica con la diffusione delle auto elettriche, la cui legge attuativa è stata promossa proprio da membri di FareAmbiente, o all'applicazione delle nuove tecnologie cosiddette 'smart' per il risparmio energetico, prima di tutte la domotica”.

Questo appello è firmato da intellettuali e da illustri accademici delle università di Napoli, Pavia, Bari, della Calabria, del Sannio, di Palermo, dell'Aquila e di Roma come Domenico Amirante, Andrea Buondonno, Giovanni Cordini, tra l'altro presidente del club giuristi dell'ambiente, Giuseppe Scialla, Nicolò Costa, Orazio Mainieri, Donato Forenza, Girolamo Cusimano, Gianfranco Totani, Francesco Gallo, Francesco Sisinni, rappresentanti della società civile, come Salvo Iavarone, presidente Asmef e il noto filosofo e scrittore Marcello Veneziani.

Noi vogliamo esserci !!!!!

"La prossima classe dirigente del Paese dovrà mettere le problematiche
dell’ambiente ai primi punti dell’agenda politica. Per questo auspichiamo
che i partiti spieghino nel loro programma elettorale quale tipo di modello
ambientale intendono promuovere, se quello sostenibile, supportato da dati
scientifici ma che non pregiudica lo sviluppo e la creazione di nuove
opportunità occupazionali, o quello del diniego a tutti i costi che
rallenta la ripresa dell’economia e inibisce la crescita".
Lo afferma in una nota Antonio Iaconetti, coordinatore regionale della
Calabria di FareAmbiente.
"In Calabria in particolare – aggiunge l’esponente del Movimento ecologista
– investire nell’ambientalismo sostenibile può essere una delle chiavi per
la promozione dello sviluppo e la valorizzazione delle risorse naturali e
paesaggistiche del territorio. Su questi temi è necessario aprire un
dibattito preventivo, per capire quali siano le posizioni in materia da
parte degli aspiranti parlamentari calabresi, affinché gli elettori abbiano
gli elementi necessari per costruirsi un’opinione e regolarsi di
conseguenza al momento di esprimere la loro preferenza".
Cosenza, 09.01.2013