lunedì 1 agosto 2011

I “ragazzini di Fukushima” di Orazio Mainieri

Sono arrivati in Italia 35 ragazzini provenienti da alcune zone colpite dalle emissioni radioattive della centrale giapponese di Fukushima 1. Hanno tra i 5 e i 12 anni, sono appellati come “ragazzi di Fukushima” anche se formalmente non vivono in zone considerate a rischio. I bimbi provengono non solo dalla prefettura di Fukushima, ma anche da quelle vicine. Perciò è inappropriato definirli di Fukushima. Infatti essendo stata creata una zona di esclusione di 20 km in pratica a Fukushima e dintorni non vive nessun bambino, nessun uomo e nessuna donna. Ad organizzare il soggiorno in Italia(il progetto si chiama Kibou Japan)sono state tre associazioni da anni attive nell’aiuto ai ragazzi colpiti dal catastrofico incidente di Chernobil: «Puer», «Aiutiamoli a vivere» e il «Gruppo di accoglienza bambini bielorussi». Loro hanno fornito i riferimenti delle famiglie e delle case vacanza disponibili ad accogliere i bambini. In Giappone una Ong chiamata «Kakehashi» ha selezionato le domande e raccolto il grosso dei fondi necessari per l’operazione, cui le famiglie dei ragazzi hanno contribuito anche di tasca loro. Va detto che l’Alitalia per ogni bimbo ha fatto pagare la bellezza di 1.100 euro. Vacanze di lusso? Grazie al lavoro di alcune associazioni da tempo impegnate in questo tipo di progetti, questi ragazzi saranno ospitati per 40 giorni in Italia, accolti in famiglia. In Giappone hanno tutti una famiglia normalissima, e ai primi di settembre dovranno essere in patria, per il loro primo giorno di scuola. Questi ragazzi vivono in zone dove i livelli di radiazione non sono un problema per viverci a causa di bassissime dosi annuali altrimenti non ci tornerebbero. Adesso sono stati traslocati in Italia sulla scia seguita dai “ragazzi di Chernobyl”. La verità è che non esistono i “ragazzi di Fukushima” come non esistono i “ragazzi di Chernobyl” adesso. La differenza sta nel fatto che a Chernobyl ci fu una generazione di bambini che non fu protetta nell’incidente del 1986. Il motivo per cui si è registrato un aumento dell'incidenza del cancro alla tiroide fra la popolazione che al momento del disastro aveva fra zero e 18 anni è presto detto: "Negligenza”. Tutti sapevano che la tiroide è un organo bersaglio per lo Iodio, che lo usa per regolare molte funzioni del corpo umano. Ma l'isotopo Iodio131 è radioattivo, e quindi si doveva impedirne l'ingestione ai bambini, che a Chernobyl è avvenuta attraverso il latte. Tutti lo sapevano, ma nella catastrofe organizzativa del dopo disastro nessun responsabile Sovietico si è preoccupato non solo di dire che il disastro era successo (la popolazione lo ha saputo dopo quasi 48 ore), ma neanche di dire di non consumare latte. E non sono state distribuite neanche le pasticche di ioduro di potassio. Quando il 5 maggio 1986 queste pasticche sono state offerte dagli Stati Uniti sono state rifiutate dal regime comunista Sovietico, per un evidente ridicolo "orgoglio da superpotenza".  Lo Iodio131 ha una emivita radioattiva di soli 8 giorni, e quindi diventa innocuo nel giro di poche settimane. Somministrando fin dal primo momento Iodio stabile attraverso le pasticche di ioduro di potassio la tiroide si satura di Iodio stabile e non può più assorbire Iodio radioattivo. Così è successo che mentre gli adulti hanno assorbito nella tiroide dosi di Iodio131 trascurabili (0,07 Gy), ad alcuni bambini è toccato fino a 2 Gy. Questo è successo a Chernobyl ed ai bambini presenti in quel momento e che adesso hanno da 26 a oltre 40 anni. Poi ci fu la zona di esclusione di 30 km che portò la gente lontano per cui i bambini nati dopo non ebbero conseguenze sanitarie come dimostrato nelle indagini epidemiologiche analizzate nei Chernobyl forum degli anni 2003, 2004 e 2005 ai quali hanno partecipato, oltre all'IAEA, altre organizzazioni dell'ONU come l’ OMS, la Banca Mondiale e le autorità della Russia, della Bielorussia e dell'Ucraina. Non furono trovati aumenti, rispetto alla media, di tumori solidi, di leucemie o effetti genetici. Nulla. Nella stessa Ucraina, dopo alcune rettifiche e correzioni progettuali gli altri tre reattori di Chernobyl,, ad acqua-grafite RBMK(erano quattro), hanno ripreso a funzionare alla massima potenza, senza fare più esperimenti, ovviamente. L’ultimo reattore di quel sito è stato fermato nel 2000. L’impatto psicologico dell’incidente di Chernobyl è stato notevole, elevato anche il danno economico, ma le vittime accertate dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) furono 65.
Tornando al discorso sui ragazzini e ragazzine che venivano(e vengono?) a farsi le vacanze in Italia dalla Bielorussia o Ucraina negli ultimi 15 anni portati dalle Organizzazioni sopra citate occorre precisare che non avevano più nulla a che vedere con Chernobyl (visto che abitavano lontano dalla centrale incidentata) ed erano per lo più provenienti da brefotrofi o da famiglie disagiate che si sono avute dopo la caduta del comunismo sovietico. Questo dall’Est. Per il Giappone il discorso è diverso perché l’incidente si è sviluppato lentamente; la gente è stata spostata immediatamente creando subito una zona di esclusione di 20 km e un’attenzione da 20 a 30 km. L’incidente nucleare, creato dal maremoto con onde di 14 metri dopo un terrificante terremoto 9.0 Richter , ha riguardato, tre reattori e a tutt’oggi non c’è una sola vittima accertata. La popolazione non ha subito alcunché perché è stata spostata, per cui la scelta di portare 35 ragazzini dal ricco Giappone(seconda potenza economica per PIL pro-capite) ha l’aria di essere una operazione mediatica perché i bambini stanno bene e continueranno tranquillamente la loro vita nelle zone da cui sono stati prelevati. Infatti a settembre vi ritorneranno. Perciò è lodevole far fare le vacanze ai poveri ragazzini dell’Est Europa, di meno far fare le vacanze ai ragazzini dello straricco Giappone solo per fini meramente propagandistici. Se proprio si voleva fare del bene sarebbe stato più giusto far venire in Italia 35 ragazzini dalla Somalia vista la tremenda carestia che sta attraversando quel Paese. Certo l’impatto con i media sarebbe stato blando ma certamente l’operazione si sarebbe dimostrata più meritoria e significativa e, soprattutto, più seria.

* Responsabile Settore Energia Fare Ambiente

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